Oggi e domani riapre al pubblico Notre-Dame de Paris dopo l’incendio del 15 aprile 2019 che ha distrutto il tetto medievale e la guglia ottocentesca di Viollet-le-Duc.
Alle 19h si svolgerà la cerimonia di inaugurazione che segna la fine dei lavori di restauro iniziati 5 anni fa con un costo di oltre 700 milioni di euro. Alla celebrazione, organizzata dal Presidente Macron, presenzieranno oltre 50 capi di stato e governo, tra i quali il neopresidente degli stati Uniti Donald Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente Sergio Mattarella e Ursula Von der Leyen solo per citarne alcuni. Prevista anche una cena ufficiale all’Eliseo dopo l’inaugurazione nel pomeriggio.
Per questa tanto attesa riapertura è stato messo in atto un eccezionale sistema di sicurezza, ispirato a quello della cerimonia dei Giochi Olimpici. Il capo della polizia di Parigi Laurent Nunez ha annunciato la mobilitazione di seimila poliziotti e gendarmi, così come dell’unità antiterrorismo dell’esercito chiamata Sentinelle e della brigata fluviale del dipartimento di polizia.
Anche il numero dei partecipanti alla “rinascita” della cattedrale è stato impressionante: i donatori sono stati oltre 340mila per un totale di 840milioni di euro raccolti. Tra questi, ci sono gli Arnault e il gruppo LVMH, i Bettencourt-Meyers e L’Oréal, che hanno versato 200 milioni ciascuna. La famiglia Pinault e il gruppo Total hanno pagato 100 milioni di euro. Nell’elenco dei grandi donatori non mancano anche i Bouygues o JC Decaux, Societé Generale.
Se da un lato l’inaugurazione di Notre-Dame rappresenta una vittoria simbolica per la Francia, dall’altro lo scenario politico in cui si inserisce questo evento è tutt’altro che sereno. Infatti, questa inaugurazione avviene in un contesto di grave incertezza politica per il presidente Emmanuel Macron, che sta affrontando la più grande crisi della sua presidenza dopo la censura parlamentare posta al “suo” governo Barnier mercoledì scorso. Nominato da Macron il 5 settembre scorso, l’ex primo ministro Michel Barnier non ha retto contro i continui attacchi da parte del Front National di Mélenchon e soprattutto del Rassemblement National di Marine Le Pen.
Nel suo discorso alla nazione di giovedì, Macron ha confermato che il suo mandato è stato voluto dai francesi e che giungerà al suo termine naturale, ossia 2027. Escluse quindi le dimissioni volontarie. Per farlo cadere però Mélenchon e Le Pen dovranno aspettare almeno fino a luglio 2025 per indire legalmente nuove elezioni parlamentari.
Ma il punto è un altro: manca ancora il nome del successore di Barnier. Macron sta prendendo tempo e nei giorni scorsi ha avviato le consultazioni con i partiti politici alleati, in quello che chiama “l’arco di governo”, che va dai Socialisti ai Républicains. Si vedrà se il futuro primo ministro reggerà più di tre mesi o se Macron sarà obbligato a rimescolare le carte ancora una volta. Per il momento, il presidente si prepara alla grande cerimonia di inaugurazione di Notre-Dame che porrà la Francia al centro del mondo, in chiave positiva questa volta.
Cristina De Palma, 7 dicembre 2024
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