Politiche green

Siamo al delirio: sterminare la gente raffredda il pianeta

Ormai non si tengono più, ciascuno va in ordine sparso, sono saltati tutti gli schemi della cronaca, della logica, della decenza si può dire di tutto e di più, sicuri che nessuno ne chiederà conto, in una perenne carica di bisonti dementi. Vale tutto e se chiedi a chi l’ha sparata grossa di dimostrare l’assunto, ti ride in faccia e passa a una boiata più grossa: per tutto il resto, ci sono i debunker che è militanza organizzata e assoldata per sostenere le bufale più tristi fingendo di combatterle.

Passata, per ora, la smania sanitaria, siamo in territori climatici e l’ultimo delirio lo offre Focus.it che riprende un surreale studio in cui si dice, si insinua che lo sterminio dei nativi americani abbassò la temperatura globale; o almeno contribuì a ridurla. La tesi di questo “lavoro” uscito su Quaternary Science Reviews (e mecojons), è rudimentale, rozza, tagliata col machete: “Lo sterminio di circa 56 dei 60 milioni di indigeni fece sì che vaste aree di terreno coltivato venissero repentinamente abbandonate: in queste zone la natura si riappropriò dei propri spazi, facendo crescere alberi e nuova vegetazione in un’area che, stima lo studio, si estendeva per circa 55 milioni di ettari (un’estensione pari all’attuale Francia)”.

56 milioni di umani in meno, uguale clima terrestre più fresco? “Per effettuare questa stima i ricercatori hanno analizzato degli studi che dimostrano quanto terreno per persona viene coltivato dalle società indigene attuali: «Abbiamo tradotto questa cifra in una stima di quanto terreno usavano i nativi dell’epoca», spiega Alexander Koch, coordinatore della ricerca”.

“Degli studi”? E quali, di grazia? Secondo quali parametri? Condotti come? Ora, noi ignoriamo chi sia questo Koch e quali quotazioni possa vantare nel mondo accademico, però un paio di faccende ci saltano subito all’occhio: la stima risulta come minimo a spanne, alla carlona, in mancanza di dati disponibili – si parla di un processo cominciato con lo sbarco del famigerato Cristoforo Colombo, 1492: anche così, però, i conti non possono tornare, perché (e ci sentiamo idioti già nel perderci tempo, che è come scendere nella logica di chi, nel giardino del manicomio, dà la caccia alle zanzare spruzzando l’insetticida en plein air).

La ricerca dadaista considera l’Olocausto dei nativi come “una delle cause fra le tante che scatenarono (sic) la cosiddetta piccola era glaciale, che dirò dal 1300 fino al 1870”: il famoso anno nel quale cominciarono tutte, e dicasi tutte, le rilevazioni meteo che portarono a questa indiscutibile verità: ogni giorno di questa vita è il più caldo dal 1870. Ricapitolando: un’era glaciale che dura all’incirca 600 anni si determina in particolare dalla eliminazione di 55 milioni di esseri umani, per lo più nell’arco di qualche decennio, che porta ad una riforestazione giudicata forse un po’ eccessiva. Se questi sono i parametri scientifici, allora si capiscono molte cose: perché i virologi han fatto carriera, perché c’è gente che dopo 10 dosi non è ancora sazia, perché c’eran di quelli che pretendevano, scusate eh, ma lo diceva Pregliasco, rapporti sessuali con mascherina per non oltre 15 minuti, perché la Antonella Viola un giorno vuol proibire il calice di vino, il giorno seguente trova che chi si è vaccinato nel pomeriggio è più esposto, non si sa a che cosa, e via svalvolando, perché ciascuno di loro ha affermato l’impossibile, regolarmente sbagliandolo.

E ancora, cambiando decisamente pagina, perché i pini di Roma si sciolgono per il caldo, i netturbini capitolini, incrociano le braccia sotto il sole (pure con tutte le altre condizioni meteo, se è per questo), i sindacati comunisti vogliono l’indennità di sudore, e nessuno vuole più lavorare, tranne i poveri cavalli delle botticelle che cascano stecchiti nell’indifferenza generale. Ed io stesso capisco come mai, essendosi rotto il telefono, ovviamente per i “cambiamenti climatici”, come ho sentito dire una donna-bue di un ombrellone vicino, me l’hanno tenuto una settimana, che per uno che fa il mio mestiere è come avere tutto l’ufficio bombardato e inagibile, siccome il tecnico ha avuto un mancamento e si è fatto ricoverare precauzionalmente al pronto soccorso, dove l’han tenuto in attesa 15 ore a una temperatura nettamente superiore a quella di qualsiasi forno per pizze. E io su e giù in Vespa a ritirare un telefono mai pronto. Per dire i danni che fa una comunicazione demente e irresponsabile.

Noialtri, che giocavamo a pallone sotto un sole di rame, se ci pigliava un colpo di calore mettevamo la testa in un secchio di ghiaccio e di nuovo subito via sulla fascia. Non che fosse la soluzione migliore, ma siamo ancora qui (salvo effetti avversi), oggi i maschioni, insomma, svengono come le signore e poi dicono: sa, con tutti questi morti “climati”…

Prosegue l’imperterrito Focus.it: “L’aumento di alberi e vegetazione causò un aumento dell’assorbimento di CO2 dall’atmosfera, che a sua volta provocò una diminuzione della temperatura globale di 0,15 °C tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600. Se è vero che i principali fattori che scatenarono la piccola era glaciale − periodo in cui il fiume londinese Tamigi si congelava regolarmente e in Portogallo nevicava ogni inverno − furono probabilmente le eruzioni vulcaniche e la minore attività solare, secondo gli autori lo sterminio degli indigeni potrebbero aver contribuito indirettamente al raffreddamento delle temperature”.

E qui c’è tutto, per chi sa decifrare un modo di fare informazione non più sostenibile (davvero): l’eccesso di dati millimetrici ma inutili, per dare una parvenza di rigore, cui fa riscontro però una vaghezza che parla, questa sì da sola: “se è vero che…”, “probabilmente”, “potrebbero”, “indirettamente”: le locuzioni cautelari, i condizionali di chi non è sicuro di niente, tutto per nascondere assunti lunari. La riforestazione sfrenata, seguita dall’Olocausto dei pellerossa, avrebbe portato a una diminuzione globale di 0,15 gradi, cioè un sesto di grado? E con ciò, ammesso che le ipotesi sfrenate reggano? Con quali effetti apprezzabili sul pianeta? Franco Battaglia, aiutaci tu.

Non si capisce bene come la metta Focus.it, ma a questa stregua il principale ecologista sarebbe Stalin, seguito, ma con abissale distacco, da Hitler. Difatti l’integralismo climatico è roba da dittatori; in fondo, la fantasmagorica ricerca riferita da Focus riecheggia il delirante “pacchetto natura” di Timmermans, l’olandese svalvolante: per salvare il pianeta, basta far fuori la razza umana, lasciar fare alla natura e ottenere una terra da dinosauri. Al costo di tremila miliardi di dollari l’anno, forniti principalmente dai paesi poveri che così si impiccano per le palle ai prestiti del Fondo Monetario, della Banca Mondiale, della Finanza degli Stranamore. Tremila miliardi l’anno che potrebbero risolvere per ricerca e per via tecnologica i problemi del caldo, del freddo e della fame ad ogni singola latitudine.

Ma senza i miserabili, si sa, non ci sarebbero gli ultraricchi. Cristo, che mondo! In sostanza, la ricerca riferita non dimostra niente, butta là idee farneticanti ad alto tasso ideologico nella pretesa scientifica, metodologica di una scienza che non esiste, è roba da giardino d’infanzia o da luna park, da circo, da favola refurbished della Disney, Negraneve e i 7 gender. Ma niente paura, presto chi oserà ancora ragionare verrà passato per le armi, colpevole di negazionismo climatico. Come i nativi e gli ebrei. Così sai il fresco sulla terra. È il modo di procedere del comunismo, che impone con la violenza soluzioni irrealistiche, contro la natura umana, contro la natura stessa e quando se ne accorge è tardi, i morti non li conta, è già passato a organizzare nuove tragedie. Per l’amor di Dio, chi comunista non è non ceda, neppure di un milionesimo di millimetro, a questa pazzia dilagante che sembra non lasciare spazio, respiro, scampo, non salva niente, non rispetta più niente.

Max Del Papa, 21 luglio 2023

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