Sileri choc: “90% di vaccinati? Non basta. Green pass fino a marzo”

Il sottosegretario a Quarta Repubblica avvisa: stato di emergenza da prolungare

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Per citare il Pasolini del “Diario di un cittadino scandalizzato”, confesso che il discorso del sottosegretario Pierpaolo Sileri a Quarta Repubblica mi ha più che scandalizzato: mi ha quasi spaventato: suonava come una affermazione di ostinazione e di prepotenza ammantata in ragioni di apparente buon senso espresse con tono soffuso, da affabulatore. Cosa diceva, in sintesi, Sileri? Diceva che il greenpass è necessario non solo per controllare ma soprattutto per anticipare; alla funzione di argine dei potenziali infettivi si unisce quella di screening per capire tempestivamente quanti si trovino in condizioni di positività. Dunque il greenpass è inevitabile e andrà mantenuto fino a che un solo contagiato esisterà, posto che, sono parole sue, “il 90% di copertura non basta, poi bisogna mantenerla”. Cioè bisogna rendere immuni perennemente 60 milioni di individui, per tacere degli spostamenti da e per il resto del mondo, posto che il virus muta perennemente. Ne deriva una profilassi eterna fondata su un sacrificio senza limiti delle libertà fondamentali.

Sileri evoca il green pass (quasi) eterno

Può andare così? Secondo Sileri sì, può andare benissimo. Non una parola sul fatto che una simile situazione, così drastica, risulti sconosciuta nel resto del pianeta; perché è vero che gli stati di emergenza sono stati adottati ovunque: però in modo assai più contenuto e circoscritto nel tempo e nelle circostanze. Come è vero che vengono via via abbandonati raggiungendo livelli di copertura minori a quelli ottenuti in Italia. Come è vero che quasi ovunque il lasciapassare non è passato e, se è passato, è accaduto in via eccezionale e transitoria.

Bisogna dedurne che il laboratorio Italia è l’unico sensato? Evidentemente no, dato che i contagi risultano in crescita a dispetto del greenpass e della massiccia copertura; anzi, proprio questa forma di monitoraggio punitivo ha determinato, stando ai riscontri ufficiali, maggiore confusione, basata su un assunto illusorio già adottato da Draghi: “Il greenpass serve a proteggere chi è immune”. Che si potrebbe anche dire: il greenpass logora chi non ce l’ha. È andata alla rovescia, il greenpass ha protetto, spesso, chi era positivo e poteva andarsene in giro libero di contagiare a sua insaputa, magari gente che il greenpass non ce l’aveva ma era sana come un pesce. Però sul discutibile esito della combinazione vax + greenpass, Sileri ha preferito glissare.

A cosa serve (davvero) il lasciapassare

Così come ha preferito sorvolare sull’impatto psicologico. Trattasi di misura, oltre che inutile, ingannevole e autoritaria, vieppiù devastante per le sue implicazioni mentali. Serve ad abituarci a non percepirci più liberi, come già le mascherine. Serve a tenerci in una condizione di fragilità e di assuefazione dallo Stato (o dal potere, che è lo stesso). Serve a piegare milioni di cittadini al ricatto di tamponi a caro prezzo, pregiudicando budget familiari in molti casi già al limite. Serve, in buona sostanza, a piegare le coscienze, come scrive Ermanno Bencivenga sulla Verità. Fino a quando? Questo non lo precisa nessuno perché non lo sa nessuno. Il greenpass non serve tanto a monitorare lo stato dell’epidemia, come sostiene Sileri, ma a procrastinare sine die lo Stato autoritario, di cui si annuncia il prosieguo oltre i 2 anni consentiti dalla legge: unico caso al mondo. Va anche precisato che, durando il greenpass “almeno” fino al 31 marzo 2022, restano ancora 5 mesi – non 3 – di compressione, parola improvvisamente diventata di moda.

E chi ci garantisce che a fine marzo non scaterrà l’ennesima promessa di ultimo sacrificio, ultimo miglio, ultimo sforzo per riconquistare una libertà che, viceversa, sembra ormai rimossa, sembra una colpa da scontare e poi da dimenticare? Già obiettare è diventato quasi impossibile; già chi è prudente – non avverso: prudente, scettico – sul vaccino miracoloso viene aggredito, minacciato, disumanizzato; già sfilare per la libertà è stato proibitoe Trieste, vedrete, sarà solo un inizio; già chi osa citare la semplice realtà di un preparato che esaurirà la sua fase di verifica solo fra due anni, e del quale gli effetti avversi non sono ancora chiari, viene silenziato e addirittura invitato a guardarsi le spalle. Ce n’è abbastanza per ritrovarsi nello Stato concentrazionario, Stato di eccezione. Anche nel senso di “fondato sulle eccezioni”: rave party, clandestini, zanisti, cgiellini, G20 (che, in fondo, è solo un rave più lussuoso e più costoso).

Tutto questo non sembra turbare nessuno, o quasi, nel dorato pianeta della politica, un pianeta sempre più distante dalla terra. Anzi, la sensazione è che, una volta scoperto quanto sia facile organizzare la sudditanza, non resti che insistere, proiettandola su ogni genere di questione: l’isteria pandemica si somma a quella ambientale, a quella gender, a quella sull’eterno fascismo di chi non si adegua alla narrazione ufficiale. Ecco perché, almeno a me, le considerazioni morbide nella forma, spietate nella sostanza, del viceministro sanitario Sileri hanno più spaventato che scandalizzato.

Max Del Papa, 2 novembre 2021

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