Sofagate, la verità spiegata da un esperto di cerimoniali

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“Partiamo da un dato di fatto” mi dice chi dentro il Ministero degli Affari Esteri in Italia conosce come si preparano e si gestiscono le missioni diplomatiche all’estero. “In tempi di pandemia anche gli incontri fra le diplomazie si effettuano a distanza con i più affidabili sistemi di teleconferenza accessibili del resto a tutti. Se però si fanno di persona con tanto di spostamenti di delegazioni, allora vuol dire che a questi eventi si dà un’importanza altissima”. E quindi niente deve andare storto. Ogni più piccolo dettaglio viene studiato, pianificato e negoziato fra gli addetti al cerimoniale delle diverse controparti. Con tanto di preventivi sopralluoghi in tutti i luoghi dove saranno organizzati gli eventi alcune settimane prima. Si concorda tutto in anticipo. Chi siede dove. Chi dice cosa. Note informative. Spunti di discussione. Cosa fare e cosa no; “tipo mai e poi mai presentarsi al Quirinale con un regalo”.

Ue irrilevante

È il mestiere dei professionisti della diplomazia. Quelli che non passano mai; al contrario dei ministri che vanno e vengono. La Turchia ha quindi fortissimamente voluto l’incontro con l’Unione Europea. Erdogan si trova in una situazione di oggettivo isolamento e difficoltà. E la missione diplomatica doveva essere perfetta. Quindi tutto poteva avere in testa il presidente turco meno che creare un imbarazzo Bruxelles; addirittura “umiliando” Ursula Von der Leyen che scopre di non avere una poltrona su cui sedere al contrario del presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. L’increscioso episodio altro non è che la plastica dimostrazione della strutturale irrilevanza dell’Unione Europea. Un autentico disabile geopolitico.

Già un’organizzazione sovranazionale che ambisce ad essere uno stato fa ridere da sola. Se poi questa si presenta al mondo con due capi – tipo i carabinieri di una qualsiasi barzelletta – la cosa da comica diventa ridicola. E chiunque può capire che fra far ridere ed essere ridicoli passa una differenza abissale. Se si parte male, si arriva peggio. Le possibilità di incidenti diplomatici si moltiplicano. I bene informati ci dicono che del resto il servizio cerimoniale di Michel avesse preparato la trasferta con tutte le cure del caso. Mettendo a punto ogni singolo particolare. Cosa di cui il politico belga sembrava essere ovviamente a conoscenza dal momento che non ha esitato a sedersi su una delle due poltrone come fosse la cosa più naturale del mondo.

Michel, lacrime di coccodrillo

E del resto le sue lacrime di coccodrillo il giorno dopo (“Mi spiace molto per l’accaduto. Capisco le critiche. Da allora non dormo bene la notte”) non sono affatto un’accusa di mancato rispetto del cerimoniale da parte di Erdogan. Tutto è andato come avevano evidentemente pianificato e concordato gli sherpa. Ma non certo quelli della Von der Leyen che evidentemente non aveva lo stesso cerimoniale del collega belga. E pure questa la dice lunga. Figuriamoci se Bruxelles potrebbe mai essere capace di far arrivare per tempo i vaccini se non è neppure in grado di organizzare una gita in Turchia.

Va bene abbiamo capito. Michel era lì perché ha “la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune” (art. 15.6 del Trattato sull’Unione Europea). La Von der Leyen invece doveva essere li in quanto Presidente di Commissione e quindi responsabile delle politiche commerciali e degli aiuti internazionali. Si d’accordo servivano entrambi, lo abbiamo capito. La Bisanzio di oggi è Bruxelles non certo Istanbul.

Fabio Dragoni, 12 aprile 2021

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