Politiche green

Sorpresa: i sacchetti di plastica inquinano meno delle alternative green

Due studi smontano il bullismo etico di chi sventola le borse di tela o quelle di carta. L’ideologia climatica non richiede risultati ma gesti

Riporto qui di seguito il contenuto, riarrangiato, di un divertente articolo di H/T Marc Morano [1].
La scelta esiziale del sacchetto della spesa è la conferma di quanto asserisce Luca Ricolfi a proposito dell’ostentazione e del bullismo etico, e di quanti danni l’ideologia ambientale stia causando. Uno dei tanti esempi è la nuova regolamentazione Ue sulle bottiglie di plastica [2], le cui conseguenze nefaste sono state illustrate durante l’ultima “La Ripartenza” di Milano.

E veniamo al tema. Il momento catartico, nel quale il vero ambientalista può ostentare la sua fede incrollabile e la sua ovvia superiorità morale, è alla cassa del supermercato, quando, guardandosi intorno per avere una platea sufficientemente nutrita, può dichiarare, con voce stentorea e un malcelato orgoglio: “Nessuna borsa, grazie. Ho portato la mia”. Ed esibisce fiero il sacchetto riutilizzabile, rigorosamente di fibre di cotone. Un piccolo gesto che il bullo etico può finalmente mostrare al mondo (vabbè, magari solo al cassiere e ai clienti spazientiti in coda). Pensate, con un semplice gesto si possono risparmiare 149 sacchetti di plastica (per altro, in Italia, sono quasi tutti biodegradabili)! Il problema è che, come tutti i buoni sermoni, anche questo finisce in gloria.

Il New York Times, sempre pronto a predicare la fede della “responsabilità climatica”, ha pubblicato un articolo dal titolo “Quali borse della spesa dovrei usare?” [3]. È una lettura affascinante, non perché fornisca chiarezza, ma perché dimostra quanto sia diventata contorta l’eco-virtù, la riprovazione morale degli eticamente inferiori, per i quali non c’è speranza. Almeno, non c’era fino alla pubblicazione di due studi scientifici che valutano il reale impatto ambientale delle alternative alle orribili buste di plastica. I sacchetti di plastica, ci viene detto, sono la progenie dei combustibili fossili e, come tali, devono essere banditi. Il tasso di riciclaggio degli imballaggi in Italia è del 56% [4], ma la loro vita, dopo la morte, dicono, ci perseguiterà per secoli.
Ma ecco la svolta: secondo non uno, ma due studi, dell’Agenzia per l’Ambiente britannica [5] e dell’Agenzia danese per la protezione dell’ambiente [6], quei sacchetti di plastica empi hanno in realtà la più piccola impronta ambientale tra le alternative utilizzate dai suprematisti ambientali, se giudicati sotto il profilo delle emissioni di gas serra. Ma perché, allora, sono diventati i nemici pubblici numero uno? Semplice. Hanno un brutto aspetto, sono poco riutilizzabili e sono figli dell’oro nero. Vediamo le alternative esaminate dai due studi, adottate dai verdi duri e puri.

I sacchetti di carta – riciclabili, biodegradabili e fragili come carta velina bagnata – sono inclini a strapparsi drammaticamente a metà strada prima di arrivare all’auto (pardon, alla bicicletta con pedalata assistita). Questa scelta presenta qualche svantaggio, ma vuoi mettere? Se eticamente superiore vuoi apparire, un po’ devi soffrire. Purtroppo, dal punto di vista ambientale, i sacchetti di carta, secondo lo stesso studio britannico, devono essere riutilizzati almeno tre volte per eguagliare l’impatto sul riscaldamento globale di un singolo sacchetto di plastica. Il che, per chiunque abbia mai avuto un sacchetto di carta inzuppato ed esploso sotto la pioggia, è al limite del delirante.

Tuttavia, la carta ha una migliore percentuale di riciclo. Il suo tasso di riciclaggio è del 76% [7], ma ciò significa che molti sacchetti di carta finiscono comunque per degradarsi in metano e anidride carbonica nelle discariche. Il metano, per i teologi climatici, è uno dei peggiori demoni nel pantheon dei gas serra. Esatto: mentre la plastica potrebbe semplicemente starsene lì, bruttina ma innocua (non per niente la utilizziamo per conservare i cibi), la carta si fa strada attivamente attraverso l’aldilà.

E poi arriviamo ai sommi sacerdoti della virtù ambientale: i sacchetti riutilizzabili di cotone. Queste bandiere sacre dei virtuosi climatici, degli autentici esseri eticamente superiori, sono ovunque. Alzi la mano chi non ne ha ricevuti in occasione di conferenze, matrimoni, raduni politici o palestre di yoga. Ma la verità, come sempre, è scomoda. Lo studio britannico ha concluso che una borsa di cotone deve essere riutilizzata almeno 131 volte per eguagliare l’impatto ambientale di un sacchetto di plastica, 149 secondo lo studio danese. Quindi, il vero, autentico militante verdolino dovrebbe apporre sul sacchetto di cotone una bella croce – possibilmente con inchiostro biodegradabile – ogni volta che lo riusa, per dimostrare agli inferiori che lui ha riutilizzato il sacchetto non 131 volte, non 149 volte, ma almeno un migliaio di volte, naturalmente senza lavarlo, per non inquinare! Mica come quelli che li ficcano sotto il lavandino, facendo crescere il solito mucchio di tela che affligge tutti noi.

Questo pone la domanda: stiamo davvero cercando di salvare il pianeta, o semplicemente cerchiamo di raggiungere la santità, o peggio, esercitiamo il nostro bullismo etico per puro compiacimento personale?
La dottoressa Samantha MacBride del Baruch College offre un indizio: afferma che i sacchetti di plastica “… perpetuano l’industria dei combustibili fossili” e che “… il sistema deve allontanarsi da essa se vorremo avere un futuro”. Ah, eccolo qui. Il problema non è solo le emissioni o lo spazio in discarica. La plastica è il simbolo del peccato originale. La carta è il purgatorio. E i sacchetti di tela? Beh, sono la tua occasione di salvezza, a condizione che tu ti penta e li riutilizzi fino a quando saranno ridotti in sozzi lacerti, più volte rammendati.

Anche il sottinteso dell’articolo del NYT è una masterclass di ipocrisia. “Gli esperti concordano sul fatto che riutilizzare [la tua borsa] il maggior numero di volte possibile è la chiave”. Così, dopo migliaia di parole, arriviamo a una tautologia: riutilizzate la cosa che avete, a meno che non ne abbiate troppe, in tal caso non va bene. Ma la plastica… mai! Si sa, la strada per raggiungere la virtù è faticosa, ma quando la puoi raggiungere puoi finalmente ostentare la tua superiorità morale a vicini e conoscenti, nonché al cassiere del supermercato, che sicuramente avrà nei tuoi confronti un occhio di riguardo.

La morale è che non conta la scienza, fragile e contraddittoria, ma l’ostentazione, i simboli. Il consumismo climatico non richiede risultati; richiede gesti. Non importa se la tua borsa ha l’impronta di carbonio di un treno carico di carbone, purché tu capisca l’importanza del simbolo. Non si tratta di risolvere i problemi; si tratta di dimostrare la propria fede, la propria superiorità e, possibilmente, di imporla agli eretici. Perché se i numeri fossero importanti, produrremmo borse in polietilene a bassa densità, sfruttando la già ottima percentuale di recupero. Ma il simbolo dove andrebbe a finire? In base ai due studi possiamo dedurre lo strano messaggio teologico: la strada per il paradiso degli ambientalisti è lastricata di buone intenzioni, cuciture rinforzate e un robusto senso di ipocrisia. E se non puoi salvare la Terra, almeno assicurati che la tua borsa dimostri al mondo che tu ci hai provato.

Carlo MacKay, 27 marzo 2025

[1] https://wattsupwiththat.com/2025/03/26/virtue-signaling-is-complicated-choosing-grocery-bags-in-the-church-of-climate/
[2] https://www.europarl.europa.eu/topics/it/article/20180830STO11347/riduzione-dei-rifiuti-di-plastica-le-misure-dell-ue-spiegate
[3] https://www.nytimes.com/2025/03/24/climate/shopping-bags-paper-plastic-grocery-totes.html
[4] https://www.plastisac.it/news/3567/riciclo-della-plastica-in-italia-dati-tendenze-e-nuove-prospettive
[5] https://www.gov.uk/government/publications/life-cycle-assessment-of-supermarket-carrierbags-a-review-of-the-bags-available-in-2006
[6] https://www2.mst.dk/udgiv/publications/2018/02/978-87-93614-73-4.pdf
[7] https://remecologia.it/italia-ottima-nel-riciclo-della-carta-ma-il-prezzo-crolla-del-72/

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