Sull’Abruzzo, il governo ce l’ha più lungo

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Contro l’ordinanza del presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio, che lo scorso 6 dicembre ha ripristinato la zona arancione al posto di quella più restrittiva rossa, il governo ha presentato ricorso, ottenendo dal Tar dell’Aquila la sospensione del provvedimento regionale. L’ordinanza del governatore ed esponente di Fratelli d’Italia non era frutto di un capriccio o di una idiosincrasia cromatica verso il rosso, seppure evochi una tintura ideologicamente ostile, ma un orientamento fondato su dati oggettivi che hanno certificato un nitido progresso del contesto abruzzese rispetto ai 21 parametri utilizzati per graduare le limitazioni regionali. Tant’è, che il Comitato tecnico scientifico abruzzese aveva documentato la contrazione dei ricoveri, sia quelli in rianimazione che in reparti ordinari, l’incremento dei posti letto e l’attenuazione dell’indicatore Rt che si è attestato sotto l’1 per cento. Dunque, un quadro complessivo di miglioramento che anche i report della cabina di regia nazionale aveva convalidato. L’intento che ha mosso il governatore Marsilio era fondato sulla necessità di conciliare la tutela della salute pubblica con la parziale ripresa, senza indulgere ad imprudenti esuberanze, delle attività socioeconomiche. Tuttavia, il governo ha voluto riaffermare la sua primazia, obbedendo al solito canovaccio: scaricare sulle regioni le colpe di eventuali dati in regresso nella lotta alla mitigazione epidemica, avocare a sé l’onere delle decisioni e mettere in atto un braccio di ferro con le regioni recalcitranti al logoramento da bagnomaria.

Nel caso del ricorso all’ordinanza di Marsilio emergono le proprietà spocchiose del governo che, nonostante i dati suggeriscano il passaggio alla fascia più flessibile, condanna l’Abruzzo a permanere nel rango penalizzante di zona rossa. A sfregio: domenica, infatti, la Regione tornerà in arancio. Si trattava, insomma, soltanto di vincere il braccio di ferro. Il Dpcm, peraltro, offende l’intelligenza dei governatori. Perché è vero che Marsilio lo ha violato, poiché i miglioramenti vanno concordati con il ministero della Sanità; ma è vero pure che l’esecutivo concede ai presidenti di prendere iniziativa solo per ulteriori restrizioni. Dunque, i governatori sono capaci di inasprire le misure, ma per allentarle hanno bisogno dell’assistenza da Roma.

In Abruzzo, peraltro, i numeri continuano a migliorare. Ieri, sono calati i ricoveri ordinari (-10) e anche se c’è un paziente in più in terapia intensiva, si registrano 750 guariti a fronte di 262 nuovi contagi. Incoraggianti pure gli screening di massa: nella città capoluogo dell’Aquila, i test a tappeto hanno rivelato 54 positivi a fronte di 23.244 tamponi. Nell’amica Emilia-Romagna, guidata dall’esponente del Pd Stefano Bonaccini, per intenderci, l’indicatore Rt è di poco più alto dell’Abruzzo (0,81 contro 0,8). Ciononostante, la Regione continua a essere inserita nella benevola zona gialla. Il daltonismo politico del governo, che non distingue i colori in base a criteri oggettivi, sta diventando indigesto. Oggi l’unica regione in Italia compresa nella zona rossa è l’Abruzzo, la cui unica “colpa” pare essere quella di avere un governo locale che non piace ai “democratici” di stanza a Palazzo Chigi.

Andrea Amata, 12 dicembre 2020

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