Test anticorpi e virus da Wuhan: lo scienziato Usa sgancia due bombe

Robert Redfield, ex direttore dei Cdc americani: “Ho la certezza che il virus è nato a Wuhan”

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Toh: ma allora è proprio vero che dei nostri esperti non possiamo fidarci… Giorni, settimane a catechizzarci: è inutile che andiate a farvi il test degli anticorpi, la quantità di anticorpi non c’entra niente con la loro capacità di difendervi dal coronavirus, è tutta questione di memoria immunitaria, perciò correte, appena possibile, a porgere il braccio per la terza dose, senza calcoli furbetti, senza prendere altro tempo, rassicurati magari da una cornucopia di “forze armate” antivirus.

Poi, però, apri Repubblica di oggi, che intervista non proprio l’ultimo arrivato e, soprattutto, uno scienziato che non può essere minimamente sospettato di simpatie per i no vax: si tratta di Robert Redfield, ex direttore dei Cdc americani. E cosa scopri? Che il test degli anticorpi serve eccome.

Redfield “sdogana” il test anticorpale

Ecco cosa dice Redfield, il quale propone, lucidamente, di non affidarci totalmente alla religione del vaccino unica salvezza, perché esso ha una durata limitata e “perde efficacia a seconda della forza immunitaria del soggetto”. E allora, secondo lui, per impostare un piano di convivenza con questo agente patogeno, bisognerebbe “rendere obbligatorio con scadenze a tre o sei mesi un test per verifiche sugli anticorpi. In questo modo sapremo se hai bisogno di un vaccino ogni tre o sei mesi”. Addirittura, Redfield si appella direttamente ai lettori di Repubblica: “Facciano subito un test anticorpi per capire su che livello sono e se devono fare subito un booster”. Ovviamente, si può dissentire dall’approccio di Redfield, a cominciare dal concetto dell’obbligatorietà dell’esame clinico. Il concetto, però, è chiaro: per decidere quando sottoporsi al richiamo e pianificare in modo razionale una coesistenza con il virus, il calcolo degli anticorpi è tutt’altro che secondario, come invece sostengono i nostri luminari.

Il virus di Wuhan

Ma non finisce qua. L’ex numero uno dei Cdc stupisce con la risposta al classico quesito sulle origini del Sars-Cov-2: è nato dentro il laboratorio di Wuhan? “Lo sospettavo”, riferisce Redfield, “ora ne ho la certezza”. Capito? Lo scienziato americano si dice “certo” che il Covid sia un “regalino” del famoso centro di ricerche della metropoli cinese. Per quale motivo? “Questo virus è troppo perfetto nel reagire alle difese umane modificandosi per contrattaccare. È diabolico, questo non succede in un processo biologico naturale”. Sganciata una bomba del genere, fa poca differenza che per Redfield la “fuga” sia stata “un incidente” e non un episodio doloso. Fatto sta che l’esperto avvalora ulteriormente una tesi ormai diventata quasi senso comune, ma che da noi, come negli Stati Uniti, è stata spesso bollata come complottista. E adesso non stiamo a ricordarvi chi è che, dagli Usa all’Europa, finanziava gli studi a Wuhan, praticamente piantandosi da solo i chiodi nella bara…

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