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Ti conosco, mascherina! Il caso del ministro Boccia

Cosa voleva dimostrare, cosa cazzo voleva dimostrare il ministro piddino Boccia con la pagliacciata della mascherina fuorilegge appesa a un orecchio? Voleva sdrammatizzare mentre la gente crepa? Voleva trasmettere il disagio di chi non ha supporti adeguati? La fatica uguale a quella della gente comune? O voleva semplicemente ribadire la ybris del potere, noi possiamo permetterci di irridere la pandemia e ridiamo, io faccio il buffone e quell’altro, il sor Tentenna della Protezione Civile ridacchia sornione?

Sia come sia, ha offerto una immagine ignobile del paese. Quella di uno stato scrauso, senza serietà e senza alternative, senza risorse: le mascherine, quelle vere, bloccate da pazzeschi inghippi burocratici e la gente che si arrangia come può, se le inventa dalla carta da forno, dalla stagnola, dai rotoloni assorbitutto, dai cartoni animati.

Il ministro Boccia, che è un ministro, fa l’offeso su Twitter: “Ignobile lo sciacallaggio su di me”. Sciacallaggio? Ignobile? No, ha offerto una scena vergognosa, che sta rimbalzando per il mondo, dal paese più colpito dalla pandemia, quello con più morti. Quindi ha suggerito l’idea di una nazione irresponsabile, leggera, incapace, che non rinuncia alla farsa neanche in tempo di tragedia.

E questa, questa è la cosa che fa più paura. Non il morbo in sé, l’orrenda processione delle bare, che non si sa più dove mettere e come onorare. Non l’abissale deserto che scava tarli nella mente. Non l’incertezza circa indicazioni normative confuse, contraddittorie, sfuggite, continuamente riscritte. No, a fare più paura è l’avventurismo grottesco di chi dovrebbe gestire l’allucinante faccenda e si presenta con un pezzo di stoffa appeso a un orecchio; è quel sentirsi in mani sbagliate, tremolanti, esitanti; è non sapere cosa accadrà, perché massimamente non lo sa chi ha il compito di decidere; e sentirsi allo sbando, sine die.

Ti conosco, mascherina! Il ministro Boccia fa l’offeso, tradisce l’eterna vocazione della sinistra all’arroganza; non lo sfiora l’idea di aver dato una immagine catastrofica del suo paese, e, di conseguenza, l’opportunità di levarsi dalla scena. Vanesi, vani, evanescenti, preoccupati di piacere, del fall out mediatico, Conte che non vuole aprire il dialogo con Salvini perché è convinto, beato lui, di star piacendo agli italiani con le sue conferenze stampa d’avanspettacolo. Questo importa. Questo viene prima.

Hanno inanellato un rosario di disastri, hanno abbracciato cinesi, alzato il gomito agli aperitivi solidali da centro sociale, preso in giro chi aveva paura, chi si ammalava, poi si sono ammalati loro, alcuni almeno, ma non rinunciano alla tracotanza: “Poche storie, senza l’Europa eravamo spacciati”, ha twittato Zingaretti, al quale, evidentemente, il virus deve aver fatto male. Ma, si sa, da quelle parti non hanno tanti scrupoli per la dignità, se un velociraptor come la Christine Lagarde ci insulta facendo crollare la Borsa del 17% in Borsa, loro si scappellano, modello Fantozzi.

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