Toh, anche in Israele la sinistra ha la bava alla bocca

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Ricevo da un giovane giornalista un’analisi molto interessante sulla situazione politica israeliana: anche lì, c’è la giustizia ad orologeria. Michael Sfaradi è un giornalista Free Lance in lingua italiana iscritto alla Tel Aviv Journalist Association specializzato in politica mediorientale, analisi militari e reportage di guerra.In italiano ha pubblicato otto romanzi vincendo tre premi letterari Accademia Res Aulica di Bologna nel 2016  e nel 2018 mentre nel 2017 ha vinto il premio letterario ‘Vittoriano Esposito’ città di Celano. 

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo tre anni di indagini da parte dei nuclei speciali della polizia su mandato del procuratore generale dello Stato Avichai Mandelblit, è stato incriminato con pesanti accuse che vanno dall’abuso di fiducia alla corruzione. A fermare l’azione giudiziaria non sono serviti neanche i dubbi espressi da Alan Dershowitz, uno dei più importanti avvocati e giuristi al mondo, nella lettera aperta indirizzata a Mandelblit. Secondo Dershowitz ciò di cui è accusato il Primo Ministro è pratica comune in ogni parte del mondo e le accuse si basano su prove insufficienti e indiziarie.

Il capo di imputazione più grave è quello che riguarda i rapporti del premier con alcuni editori di giornali per i quali ha fatto approvare alcune leggi che li favorivano, leggi che comunque lui non ha firmato. Chi siede nelle stanze del potere e i mas media sono sempre legati a doppio filo, non è una novità né uno scandalo, si tratta di una pratica che serve ad evitare campagne di stampa contrarie e assillanti, cosa che a Netanyahu non è mai mancata. Può non piacere ma viviamo in un mondo dove giornali e giornalisti marcano stretto certi politici ‘antipatici’ e lasciano praterie a quelli ‘simpatici’. Un mondo dove i media riescono a influenzare sia l’opinione pubblica che le decisioni dei leader.

Quello che lascia allibiti, dopo il rinvio a giudizio, è la gioia incontenibile della sinistra israeliana che dopo anni di processi mediatici basati su voci di corridoio, su notizie fatte filtrare a mestiere nei momenti più delicati e su accuse che hanno sfiorato il ridicolo, ora canta, e lo fa prematuramente, vittoria. Netanyahu e la moglie Sarah sono stati accusati, è giusto ricordarlo, di essersi intascati i soldi dei vuoti a rendere delle bottiglie di vino usate nella residenza del Primo Ministro, di aver pagato con denaro pubblico importanti lavori di manutenzione della villa di proprietà della coppia e anche di aver speso troppi soldi per acquistare del gelato al pistacchio.

Quando queste accuse si sono dissolte la macchina del fango si è rimessa in moto: Il premier ha accettato regali, sigari e bottiglie di Champagne da un amico produttore che aveva bisogno del visto per entrare e lavorare negli USA. Si è poi passati ai sommergibili della classe Dolphin acquistati dalla Germania e il caso sarebbe stato importante se solo ci fossero state le prove della corruzione. “Un castello di carta che sarà spazzato al primo soffio di vento”, così la reazione di Bibi Netanyahu alle accuse che riempiono decine di chili di carta mentre di mazzette o buste piene di contanti, dopo oltre tre anni di indagini, ancora non c’è traccia.

Nel mondo che conosciamo per corrompere politici di quel livello servono i verdoni alle Cayman, non sigari e champagne e Ilan Bombah, massimo esperto delle leggi che regolano l’operato del governo, ha messo in chiaro che la semplice incriminazione non certifica che Netanyahu sia colpevole di qualcosa e che fino a una sentenza a lui sfavorevole può ricoprire qualsiasi carica politica. Nell’area ‘pacifista’ in molti godono, ma si fanno false illusione perché l’eventuale alternativa a Netanyahu non sarebbe comunque come loro la sognano.

L’attuale leader, infatti, ha perso più consensi nel non rispondere militarmente alle infinite provocazioni di Hamas che non per le vicende giudiziarie che lo coinvolgono, e chiunque prenderà il potere non potrà continuare a sopportare ad oltranza perché la popolazione del sud di Israele, da anni sotto la minaccia del terrorismo palestinese, ha ormai raggiunto il punto di saturazione massima. Israele, con o senza Netanyahu, non sarà passiva nei confronti dell’Iran, della sua presenza in Siria o di quella degli apostoli Hetzbollah. Il prossimo governo, a prescindere da chi ne sarà la guida, non potrà mettere in pericolo la sicurezza, soprattutto ora che i rigurgiti di antisemitismo stanno toccando in tutto il mondo vertici mai raggiunti negli ultimi settanta anni.

Benny Ganz, l’avversario di Netanyahu, si è appellato all’elettorato chiedendo di non votare Bibi non perché corrotto, ma perché sarà troppo impegnato con i giudici. Questa frase mette in luce la sponda che ha ricevuto della stampa, della magistratura e della polizia. L’elettorato israeliano è però decisamente pragmatico e sa che l’attuale situazione economica, la migliore nella storia della nazione, e i buoni rapporti politici che Israele ha instaurato con molte nazioni del mondo sono il frutto del grande lavoro svolto dal Primo Ministro negli ultimi anni. Tutto questo per la popolazione vale molto più dei rinvii a giudizio basati su prove indiziarie.

Di Michael Sfaradi, Gerusalemme, 4 marzo 2019

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