Esteri

Tra Kiev e Mosca è scoppiata un’altra guerra

C’è una guerra nella guerra, in Ucraina. Una guerra che si comincia a combattere dopo che le armi sono state deposte, dopo che i nemici sono stati catturati. È la guerra dei processi ai vinti, che rischia di far assumere al conflitto anche le fattezze della giustizia sommaria.
Come quella che sembra essersi abbattuta sul primo criminale di guerra con un volto e un nome: è quello di Vadim Shishimarin, 21 anni, che ieri è stato condannato all’ergastolo da un tribunale di Kiev, come reo confesso dell’assassinio a sangue freddo di un civile. Pur ammettendo le sue colpe, il militare s’era detto pentito. Il suo avvocato dovrebbe fare ricorso contro la sentenza; c’è tempo un mese prima che diventi esecutiva.

Per la verità, le prove che inchiodavano il ragazzo erano schiaccianti. Ma in che condizioni è maturata la sua confessione? È stata spontanea o gli è stata estorta? Si è potuto svolgere con tutti i crismi un procedimento durato solo poche settimane? Non sono dettagli irrilevanti. Anzi, di fronte alla legge, i dettagli sono la cosa che conta di più: secondo i giudici ucraini, l’omicidio era premeditato; l’imputato, invece, sottolineava di aver dovuto obbedire a un ordine. Se la storiografia ancora s’interroga sul processo di Norimberga, che comunque si svolse cercando di assicurare ai nazisti alla sbarra tutte le garanzie giuridiche, c’è da giurare che le sentenze che saranno sfornate in Ucraina risulteranno profondamente controverse.

A poche ore dalla decisione dei giudici di Kiev, comunque, è arrivato un annuncio degli invasori: a Mariupol si terrà un processo contro i militari ucraini che si sono arresi presso le acciaierie Azovstal. Addirittura, a questa prima udienza, dovrebbero seguire altre fasi, che secondo la fonte citata dall’agenzia Interfax, potrebbero svolgersi altrove. Insomma, un processo itinerante, svolto dagli occupanti locali, proprio all’acme delle ostilità. Allucinante, benché forse prevedibile: la conquista definitiva della città, l’espugnazione dell’ultimo baluardo della resistenza, la presa dei miliziani del Battaglione Azov, per Mosca rappresenta un’impresa di enorme valore simbolico, che il regime di Vladimir Putin cercherà di sfruttare al massimo ai fini della propaganda interna.

Non si è fatta attendere, allora, la contromossa dell’Ucraina: altri 48 prigionieri russi saranno processati, dopo Shishimarin. Lo ha riferito la procuratrice generale del Paese, Iryna Venediktova, collegata al World economic forum di Davos. Peraltro, le autorità della nazione invasa hanno già stilato una lista di 600 sospetti di crimini di guerra.

Le aule di tribunale, quelle istituzionali e quelle allestite in modo farsesco dagli aggressori, diventeranno così le protagoniste di manovre belliche compiute a furia di sentenze, anziché di proiettili. Tenendo conto, ovviamente, che dietro ogni cattura, persino dietro ogni condanna, si cela la possibilità di una trattativa, di un negoziato, di uno scambio, o magari di un ricatto: i soldati nemici sono una merce preziosa. La guerra è anche quest’altro tipo di orrore.

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