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Trump fantoccio di Putin, 4 circostanze che smentiscono i soloni

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Il bello, o il brutto, è che continuano a pontificare sui destini del mondo come se niente fosse. Parliamo di tutti quei commentatori pensosi che negli ultimi due anni ci hanno suonato un solo spartito: Donald Trump è un fantoccio di Putin.

Setaccio della cronaca recente. The Donald ha appena annunciato l’uscita degli Stati Uniti dal trattato Inf sulla limitazione dei missili nucleari. Se l’autentica ratio della sortita è quella di erodere il vantaggio strategico della Cina, che a suo tempo non lo firmò, è comunque chiaro che lo spettro di una nuova corsa agli armamenti è proprio quel che non serve allo Zar, alla testa di un Paese che ha un Pil inferiore a quello del solo Texas.

Ancora: Trump ha alzato oltre il punto di non ritorno la tensione in Venezuela. L’obiettivo è farla finita con Maduro, macellaio del suo stesso popolo. La Russia è tra i principali protettori e creditori del regime, quel regime contro cui il presidente Usa ha dichiarato di considerare “tutte le opzioni”, militare inclusa. Strano comportamento, per un amico.

Ma andiamo avanti. Recentemente The Donald ha ottenuto da Angela Merkel l’impegno ad acquistare “enormi quantità di gas naturale liquefatto Usa” e a co-finanziare per questo un terminal da 500 milioni di euro sul suolo tedesco. Obiettivo palese: ridurre la dipendenza energetica tedesca ed europea dall’Orso russo. Un’entrata a gamba tesa in quello che è forse l’asset strategico principale del (supposto) burattinaio, niente male per il (supposto) burattino.

C’è poi la questione iraniana, certo. Trump ha stracciato l’accordo sul nucleare e implementato pesanti sanzioni contro la teocrazia degli ayatollah, alleata di ferro e indispensabile perno nella regione per Putin, definendola la principale esportatrice mondiale del terrorismo.

Allora, la realtà è troppo dura anche per gli ideologi più ostinati, quelli secondo cui il leader della più grande democrazia del pianeta è teleguidato da un pugno di hacker da una stamberga della Siberia. Qualcuno di loro (l’impettito Federico Rampini, il rustico Vittorio Zucconi, il nientologo Beppe Severgnini, la luogocomunista Giovanna Botteri per citare solo alcuni dei più zelanti) potrebbe non dico chiedere scusa, ma abbassare il dito e smetterla con le lezioni di geopolitica al volgo ignorante.

Giovanni Sallusti, 2 febbraio 2019

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