L’acquisizione di un controllo anche parziale sulla Groenlandia, oggi non è per gli Stati Uniti, una “boutade” del Presidente Trump. È quasi un obbligo. In gioco non sono solo e specialmente non prioritariamente le risorse petrolifere e i giacimenti di gas della più grande isola del mondo (i cui cittadini sono oggi al voto), quanto il controllo di quella rotta Artica che conterrebbe in sole 8.000 miglia nautiche il tragitto delle navi dalla Cina all’Europa, contro le 13.000 miglia che devono percorrere oggi attraversando la zona ad alto rischio del Canale di Suez, senza parlare della circumnavigazione dell’Africa che allunga di almeno 12 giorni il transit time rispetto alla scorciatoia di Suez. Per non parlare del rischio di un incombente presenza militare cinese e russa sul nord del continente americano.
Per anni la rotta Artica, significativamente chiamata anche la rotta Russa, è stata oggetto di discussioni accademiche, ma il riscaldamento globale in atto e lo scioglimento dei ghiacci potrebbero a breve rendere realtà ciò che pareva fantascienza: almeno una delle tre principali rotte Artiche inclusa quella che transita attraverso il noto Passaggio a Nord Ovest, potrebbero diventare utilizzabili per 12 mesi all’anno. E gli Stati Uniti su questo teatro commerciale che minaccia di rivoluzionare la geografia dei traffici marittimi mondiali, a partire da quelli container, denunciano un ritardo fatale frutto di una sottostima pluridecennale. Basti pensare che la flotta americana di navi rompighiaccio nell’Artico è composta da cinque unità mettendo in conto anche una ice-breaker vecchia di 50 anni. Anche il Canada ha investito poco o nulla sulla sua costa artica dove non esistono porti in grado di ospitare navi portacontainer, e dove (come accade nell’Alaska statunitense) i collegamenti ferroviari e stradali sono praticamente inesistenti.
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Ben diverso è stato in questi anni l’approccio artico di Russia e Cina. Mosca, che dispone di una flotta di 50 navi rompighiaccio e che è quindi in grado già oggi di organizzare convogli, sta investendo ormai da anni nei suoi porti. Nel territorio di Krasnoyarsk, i porti esistenti nell’Artico sono in fase di ammodernamento e due nuovi porti sono in fase di avanzata costruzione alla foce del fiume Yenisei. A partire dal prossimo anno, la navigazione lungo l’intera rotta del Mare del Nord diventerà annuale. Le navi mercantili di classe Ice potranno navigare attraverso il settore orientale anche in inverno e in futuro si prevede di costruire linee ferroviarie verso i porti russi dell’Oceano Artico.
Per parte sua la Cina, bloccata a sud la sua Via della Seta, progetta una via della Seta artica che per altro bypasserebbe tutti i choke point a rischio per la navigazione marittima.
Le tre rotte attraverso i ghiacci
La rotta artica è formata da numerosi passaggi. La rotta transpolare (TSR), è quella che collega l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico passando in mezzo al Mar Glaciale Artico: si tratta della rotta più impraticabile per via dei ghiacci che coprono il polo nord.
Quindi il Passaggio a nord-ovest, che mette in collegamento l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico passando accanto al Canada e all’Alaska.
Infine la Northern Sea Route (NSR), conosciuta anche come passaggio a nord-est, che mette in comunicazione l’Oceano Atlantico e Pacifico estendendosi per gran parte della sua lunghezza accanto alle coste russe: collega le parti più settentrionali del Mare del Nord e raggiunge il Mare dei Ciukci e lo Stretto di Bering.
E molti hanno dimenticato che dieci anni fa, già il presidente Obama, aveva rivendicato una leadership statunitense sulle rotte Artiche, che ogni giorno di più si connotano come la chiave di volta dei nuovi equilibri commerciali del mondo. Nessuna farneticazione quindi dell’attuale inquilino della Casa Bianca che ha già centrato l’obiettivo di americanizzare il Canale di Panama e che per avere un controllo sulla Groenlandia vera e propria portaerei ormeggiata nel Mare Artico è probabilmente disposto a mettere sul piatto una valanga di dollari.
Circa 18 mesi fa la Casa Bianca (ancora abitata da Biden) aveva pubblicato un dossier sulla Strategia artica che aveva spinto il governo locale di Nuuk a cancellare il progetto di far costruire alla Cina tre aeroporti. Operazione che ha confermato agli analisti la doppia vocazione di Russia e Cina, di monopolizzare una rotta commerciale strategica ma al tempo stesso di porre sotto scacco militare le coste artiche del continente americano, con un opzione sulle risorse minerarie e di energia proprio della Groenlandia.
Le tre date da non dimenticare
Oggi in Groenlandia si vota, con una crescente voglia di indipendenza e forse di monetizzare il ruolo strategico che il global warming e lo scioglimento dei ghiacci ha regalato all’isola verde. Con tre date da tenere a memoria.
- 18 ottobre 1867. Gli Stati Uniti acquistano dalla Russia il territorio dell’Alaska per 7,2 milioni di dollari (4 dollari per km2) . E dal 3 gennaio 1959 l’Alaska diventa a tutti gli effetti il 49esimo Stato degli Usa. I territori si conquistano anche pagando.
- Estate 2015. L’allora presidente degli stati Uniti, Barack Obama convoca a Anchorage una riunione alla quale partecipano tutti i potenziali stakeholder, ministri di altri governi, scienziati, esponenti dell’economia interessati allo sviluppo della regione artica: dopo decenni di totale disinteresse, il presidente è tranchant: l’America rivendica la sua leadership, alla quale ha abdicato per troppo tempo, su queste regioni.
- 28 ottobre 2024. Viene ufficialmente inaugurato a Nuuk, capitale della Groenlandia, il nuovo aeroporto in grado di accogliere anche voli a lungo raggio e American Airlines annuncia due voli alla settimana da New York durante il periodo estivo.
Anche se coperta per circa l’80% dai ghiacci, si stima che in Groenlandia ci possa essere fino al 13% delle risorse mondiali di petrolio e il 30% di quelle di gas e secondo uno studio della Ue del 2023, venticinque dei 34 minerali trovati in Groenlandia sono stati identificati come materie prime critiche.
Bruno Dardani, 11 marzo 2025
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