Trump sfida Big Pharma

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Donald Trump continua a spiazzare i Democratici con provvedimenti popolari che rischiano di provocare una voragine tra il mainstream e i ceti sociali più esposti alla virulenza della crisi, che negli Stati Uniti ha causato 20 milioni di disoccupati e falcidiato la ricchezza nazionale con un decremento veemente di oltre il 30% del Pil. Tuttavia, il 45esimo presidente degli Stati Uniti non è rimasto impotente al clima afflittivo generato dal Covid ed ha reagito emanando 4 ordini esecutivi per calmierare i prezzi dei farmaci. Una battaglia, certamente popolare, contro i Big Pharma e le loro lobby che sono sempre riusciti a disinnescare le iniziative del Congresso americano in funzione dei prezzi farmaceutici più equi.

Contro i colossi dell’industria farmaceutica le precedenti amministrazioni non hanno prodotto riforme per limitarne lo strapotere che si materializza in un cartello oligopolista. In tale cornice i prezzi non li fa il mercato, ma direttamente i produttori che convergono nella massimizzazione dei profitti con effetti di ingiustizia sociale per le categorie più deboli. Trump, durante l’intervento alla firma degli ordini esecutivi sulla riduzione dei prezzi dei farmaci, ha usato toni euforici per descrivere il passaggio memorabile del governo degli Stati Uniti: «Oggi sto intraprendendo un’azione audace e storica, molto significativa per ridurre il prezzo dei farmaci da prescrizione per i pazienti e gli anziani americani».

Non si può disconoscere la portata storica dell’iniziativa di Donald, considerando l’inerzia delle precedenti amministrazioni sul contenimento dei prezzi. Anzi, durante il mandato di Barack Obama i prezzi dei farmaci sono aumentati del 55%, penalizzando le comunità “periferiche” a cui di fatto è precluso l’accesso a cure mediche dispendiose. Il repubblicano Trump ha agito con ordini esecutivi, esprimendo un concreto indirizzo politico orientato ai principi della giustizia sociale. Mentre a sinistra si abusa del concetto, intestandosi un primato teorico, la destra trumpiana ne ha dato una declinazione pratica, scontrandosi con le multinazionali farmaceutiche e assicurando maggiore libertà nell’accesso all’assistenza sanitaria.

La stampa progressista leggerà con il solito pregiudizio i provvedimenti esecutivi di Trump, attribuendogli un valore strumentale, nell’imminenza delle presidenziali, per ghermire il voto della popolazione nera. Così il 2020 potrebbe replicare il canovaccio del 2016 quando l’informazione del politicamente corretto fallì nei suoi pronostici avventati e disprezzanti, che ignorarono i brusii di malessere della profondità sociale americana, rimanendo sconfitti e rintronati da un risultato che ne certificò la divergenza con il Paese reale.

Andrea Amata, 31 luglio 2020

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