Con gli osanna ancora nelle orecchie, inebriato dall’afflato di amore terreno del suo funerale, a Bergoglio arriva subito per direttissima la revisione divina dal Paradiso. Subito dopo un veloce passaggio in Purgatorio, Francesco attraversa le porte del Cielo, col tipico sorriso scettico sul volto, lo stesso di San Pietro che lo saluta dicendo: «Ti aspettavano in tanti». E lo introduce nella meeting room senza troppi convenevoli.
Giulio Andreotti è il primo a parlare, il suo celebre mezzo sorriso, splende: «Santità, è vero che in Paradiso non si arriva in carrozza. Ma nessuno si aspettava che lei arrivasse in papamobile».
Bergoglio: «Che piacere rivederla. Tanto tempo è trascorso dalle nostre messe a San Lorenzo fuori le Mura con don Tantardini, quando salivo sul bus con la tessera dell’Atac pagata di tasca mia».
Andreotti: «E i tempi della sua collaborazione con il mio mensile Trenta Giorni».
Bergoglio: «La chiamerò ‘direttore’».
San Pietro, severo: «E direttore sia per sempre. Perché la vita eterna è una certezza, non una speranza come hai scritto nel testamento».
Bergoglio a disagio: «Mmm…una svista».
Irrompe in triciclo Amintore Fanfani: «Siamo qui per un confronto, non per nostalgie».
Bergoglio: «Anche qui avete messo su una corrente?»
Bettino Craxi con il mantello rosso scoppia a ridere: «Ma no! Qui non ci sono partiti, solo ideali che non muoiono. E la verità che non abbiamo mai avuto il coraggio di dire».
Cossiga, finora rimasto in silenzio, perché collegato via Starlink per gli ultimi aggiornamenti, prende la parola con un tono tra il professorale e l’agente segreto: «L’abbiamo seguita. In tutte le sue battaglie: contro le lobby, la Curia opaca, la finanza spregiudicata, i processi farsa. Un gesuita argentino a Roma, un corpo estraneo. Ma forse necessario».
Bergoglio: «E voi, quanto avete amato la Chiesa? E quanto il suo potere? Il Concordato lo avete fatto, disfatto e rifatto. Ma il Vangelo lo avete mai letto da poveri?».
Andreotti: «Noi cercavamo di tenere insieme il sacro e il profano. E Lei ha provato a dividerli».
Fanfani: «Se l’Italia ha tenuto, lo si deve alla Dc. Alla nostra doppia fedeltà: a Roma e a Dio!».
Cossiga: «Il problema non era la doppia fedeltà. Era che non sapevamo più a chi essere fedeli davvero».
Bergoglio: «La Chiesa non è un partito. E il Regno dei Cieli, non è una Repubblica parlamentare. Ma vi ringrazio: le vostre ambiguità mi hanno insegnato quanto sia difficile essere semplicemente cristiani».
Il Papa fa per andarsene, ma lo ferma Andreotti: «Santità, laggiù ha lasciato tutto in ordine?».
Bergoglio: «Ho lasciato un po’ di scompiglio. Ma anche qualche breccia. Una grande folla mi ha salutato. E anche quei potenti che ho strapazzato, da Biden a Trump. Ma non parlo di Netanyahu, che per vendetta non è nemmeno venuto e fa la guerra al mio Pizzaballa».
Andreotti: «Abbiamo seguito dalla tv».
Bergoglio: «Ah, perché qui avete la televisione? Io non la vedo dal 1990, quando ho fatto un fioretto alla Madonna perché mi sottraeva il tempo alla preghiera».
Cossiga: «Santo Padre, non pensi di cavarsela con il silenzio eterno. Qua vogliamo farle domande che non le ha mai fatto nessuno».
Bergoglio: «Vedo che anche qui in Paradiso ho l’opposizione interna. E pure l’avvocato del Diavolo».
Cossiga: «Cominciamo. Il mio caro corregionale Angelino Becciu. Prima lo silura, poi lo riabilita a metà. Né dentro né fuori. Che giustizia è stata?».
Bergoglio: «Ho fatto ciò che ritenevo giusto. Con discrezione. E, se ricordo bene, su suggerimento del vostro Mattarella ho chiamato Pignatone a presiedere il tribunale».
Andreotti: «Bono quello. Il PM di ‘mafia capitale’ che non era mafia».
Bergoglio: «E come procuratore, un grande avvocato: il professor Diddi».
Andreotti: «Mezzo Lucibello, mezzo Di Pietro».
Cossiga: «E alle indagini, quel De Santis. Un gendarme che sguazza tra damazze romane, microspie e chat esplosive a leggere quello che scrive il “Domani”».
Andreotti: «Non mi pare giustizia divina. Solite storie di pentiti manipolati per qualche beneficio, addirittura tra i monsignori».
Bergoglio: «Infatti, prima di arrivare qui in Purgatorio mi hanno chiesto conto delle giravolte di monsignor Perlasca. Ma, del resto, pure San Pietro fu il primo pentito della storia cristiana».
Cossiga: «No, mi scusi: questa è ambiguità travestita da prudenza. Se lo condanna, lo dica. Se lo salva, lo abbracci. Ma quel limbo clericale, troppo comodo…».
Andreotti: «Caro Francesco – Papa, non Patrono – posso dirle un’ultima cosa dopo che la Segreteria di Stato e la Curia romana sono state così mortificate ?».
Bergoglio: «Certo, tanto qui comandate ancora voi».
Andreotti: «Arcidiocesi di Milano, Genova e Firenze, per non parlare di Parigi: nessun cardinale. E, invece, zucchetti rossi in diocesi dove a malapena c’è una cattedrale. Esotismo pastorale?».
Bergoglio: «Ho guardato le periferie, non i palazzi».
Andreotti: «Capisco. Ma il Conclave non lo fanno i vicari della savana. E i futuri Papi dove li trova? A Nuuk?».
Bergoglio: «Forse. O magari da un altare di fango vengono più verità che da cento sagrestie marmoree».
Andreotti: «Lei ha cambiato le regole, ma senza lasciare le istruzioni. Ora in Terra resta il suo “disordine ispirato”. E magari qualche diavoletto che tira fuori carte con il suo sigillo».
Bergoglio: «Il mio infermiere Strappetti vigila su tutto. Io ho creduto nel Vangelo non nelle geometrie ecclesiastiche».
Cossiga: «Già, ma qui in Cielo il potere non serve più».
Nella luce dorata dell’eternità compaiono due figure in bianco, anch’esse incuriosite dal nuovo arrivo: Giovanni Paolo II, con scarpe da escursionista, e Benedetto XVI, con l’aria del teologo.
Ratzinger: «Quando Georg, dopo il libro, fu allontanato dal Governatorato da Francesco non c’era più nulla da perdere. Era scomodo perché ricordava a tutti che io ero ancora vivo».
Wojtyla: «Joseph, gli avevi insegnato la discrezione. Ma gli hai anche permesso di parlare. Quel libro era un addio. Ma anche un’accusa».
Ratzinger: «E tu? Quando ti chiesi di allontanare certi corrotti come Maciel hai preferito tacere. O coprire».
Wojtyla: «Sai bene com’erano quei tempi. E quanti muri alzati c’erano intorno».
Bergoglio: «Avete sofferto entrambi. Ma forse avete contribuito al grande equivoco del sacro potere. Georg era uno specchio. E gli specchi riflettono anche ciò che non si vuole vedere».
Ratzinger: «Aveva troppa luce per i tempi che correvano. E io non avevo più la forza di proteggerlo».
Wojtyla: «Forse è tempo di scrivere un atto finale di verità. Qui, dove nulla è più nascosto».
Andreotti: «Ma quanti Dubia, come direbbe il cardinal Burke».
Cossiga: «Come dice la Scrittura : conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi».
Craxi: «Liberi da cosa? Dal Vaticano o dalla storia?».
Bergoglio: «Magari, per una volta, da noi stessi».
Luigi Bisignani per Il Tempo 27 aprile 2025
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