Chiesa

Tutte le strade portano a lui

Il cardinale ha già avviato la macchina e la strategia per essere eletto papa: gettare nella mischia un radicale, poi presentarsi come moderato

Pietro Parolin Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

Tutte le strade, si sa, portano a Roma. Ma raggiungere la città eterna è indubbiamente più semplice dalla veneta Schiavon che da Manila, Budapest o Kinshasa. Soprattutto se, come in questo caso, la strada che porta a San Pietro è già stata spianata da dodici lunghi anni di impegno diplomatico che hanno preparato il terreno per favorire l’ascesa del Segretario di Stato vaticano alla cattedra di Pietro.

Un passaggio, quello dalla segreteria al papato, avvenuto per tre volte nel passato: Alessandro VII nel 1655, Clemente IX nel 1667, e, da ultimo, Pio XII nel 1939, traslocarono infatti direttamente dal più importante dicastero della Curia romana al soglio pontificio. E oggi, ottantasei dopo Eugenio Pacelli, a ripercorrere lo stesso cammino all’interno delle Mura leonine potrebbe essere Pietro Parolin da Schiavon, Segretario di Stato sotto Bergoglio e principale candidato a raccoglierne l’eredità.

Le carte in regola per ascendere al Soglio di Pietro, il cardinale Parolin sembrerebbe proprio averle tutte. Diplomatico raffinato, moderato e profondo conoscitore degli equilibri interni alla Curia, il Segretario di Stato sembrerebbe possedere il profilo ideale per riuscire nel difficile intento di fare sintesi tra il mondo progressista, oggi maggioritario, e quello conservatore, e trovare in Conclave i voti necessari per uscire da Papa.

Parolin potrebbe infatti rappresentare quella soluzione “centrista” in grado di mettere tutti d’accordo e scongiurare il rischio che le divisioni interne a Sancta Romana Ecclesia possano acuirsi ulteriormente negli anni a venire. La principale alternativa al Segretario di Stato è infatti rappresentata dal cardinale filippino Luis Antonio Tagle, un progressista puro in perfetta continuità con Bergoglio, tanto da essere acclamato come il “Francesco asiatico”, che riscontrerebbe indubbiamente il favore dell’elettorato riformista, ma molto meno quello di moderati e conservatori. Stessa cosa dicasi per il Presidente della Cei e arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, profilo senz’altro gradito al mondo progressista, ma poco indicato per poter incontrare il favore dei conservatori.

D’altra parte, i papabili conservatori, dall’arcivescovo di Budapest Peter Erdö, a quello di Kinshasa Fridolin Ambongo Besungu, per arrivare al ratzingeriano di ferro e principale oppositore di Bergoglio, il cardinale guineano Robert Sarah, rappresenterebbero dei profili in grado di far segnare un’evidente discontinuità rispetto al pontificato di Francesco, ma difficilmente potrebbero riuscire a mettere d’accordo l’esercito di cardinali progressisti nominati nell’ultimo decennio da Bergoglio.

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Impresa in cui invece potrebbe riuscire Pietro Parolin, Segretario di Stato durante tutta l’era targata Jorge Mario Bergoglio, ma non certamente un bergogliano di stretta osservanza, tanto da essersi più volte scontrato con Francesco nel corso degli anni, sebbene oggi, per ovvie ragioni, ci si guardi molto bene dal sottolinearlo. Nato diplomatico sotto Casaroli nella duratura era Wojtyla, molti tratti in comune con Giovanni XXIII, veneto come Giovanni Paolo I, profilo assai gradito agli Usa, nonostante la presenza di cardinali statunitensi nella lista dei papabili, Parolin potrebbe essere l’uomo giusto per restituire il papato a Roma a quarantasette anni dalla prematura dipartita di Albino Luciani.

Del resto, anche la strategia per vestire di bianco il Segretario di Stato sembrerebbe iniziare a delinearsi. Il gioco è semplice, ma ha spesso funzionato in passato, da ultimo proprio in occasione dell’elezione di Bergoglio, che a suo tempo ebbe la meglio su Odilo Scherer in quanto percepito come più “moderato” rispetto al cardinale brasiliano. La logica, anche in tal caso, sarebbe questa: gettare nella mischia un nome volutamente più “radicale”, espressione della corrente maggioritaria, ad esempio Tagle, contrapporvi un candidato con un profilo ideologico antitetico ma minoritario in Conclave, vedi Erdö, per poi superare l’impasse e trovare la quadra su una figura più “centrista” in grado di raccogliere i consensi trasversalmente all’interno dei vari schieramenti. E chi, arrivati a questo punto, potrebbe incarnare la soluzione ideale se non Pietro Parolin? È lui, l’arcivescovo nativo di Schiavon, il candidato perfetto per ascendere al Soglio di Pietro.

Salvatore Di Bartolo, 30 aprile 2025

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