Tutti contro la Lombardia

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Che Paese è quello che odia la propria eccellenza? O, peggio ancora, che la disconosce, che la irride, che la colpevolizza perfino nel momento della tragedia, delle famiglie falcidiate, delle bare accatastate nelle chiese? Che Paese è quest’Itali(ett)a, che ogni anno drena dalla Lombardia 54 miliardi di euro per finanziare le proprie burocrazie, i propri sprechi, le proprie regalie e ora, in piena emergenza sanitaria, nei giorni pari le ritarda l’aiuto e nei giorni dispari le rimprovera di fare da sé? Un Paese senza presente, figuriamoci futuro.

Non bisogna concedere la premessa, a questa bruttissima bella gente, i numeri enormi del contagio lombardo come marchio della colpa, come smentita di un’efficienza che costoro non hanno mai visto, né praticato. La verità elementare: in Lombardia c’erano i focolai dell’infezione, e c’erano perché essendo il Corona, come dice quel Donald Trump che è forse l’unico più detestato dei lombardi dagli intellò di regime (giallorosso), un “virus cinese”, è evidente che avrebbe aggredito da subito le aree più inserite nel circuito degli scambi globali, quindi Bergamo e Brescia assai più della Calabria o della Sardegna. Un’ovvietà, che nel racconto ubriaco della pandemia diventa il segno del fallimento degli eccellenti, tra l’altro governati da sporchi leghisti, addirittura il pretesto per riportare la Sanità nelle mani, ma sarebbe meglio dire tra i tentacoli, dello Stato centrale.

L’idea è un tormentone del Virologo-capo della Repubblica dei Virologi, il consulente governativo Walter Ricciardi, politicamente l’hanno lanciata statisti del calibro di Andrea Orlando e Vito Crimi, poi l’ha ripresa l’organo ufficiale del piagnisteo romanocentrico, Il Messaggero, e perfino una vestale della Costituzione più bella del mondo come Sabino Cassese. Giusto: abbiamo una comprovata eccellenza quale la sanità lombarda, tanto che è meta di migrazione sanitaria interna ed esterna? Appiattiamola immediatamente sullo standard di uno Stato che non è nemmeno in grado di far funzionare decorosamente il sito dell’Inps. Perseguitiamo il merito e l’autonomia, sempre, nel nome della sciatteria e del dirigismo. Perché il dato noto a qualunque professionista della medicina è che se le dimensioni del contagio lombardo avessero colpito qualunque altro sistema sanitario regionale, lo avrebbero spazzato via.

Lo sanno benissimo i cacciatori scatenati degli “errori” lombardi (tra cui il più ossessionato è Corrado Formigli, noto per essersi abbuffato in diretta di involtini cinesi in segno di protesta contro Fontana che osava chiedere la quarantena per chi rientrava da Wuhan e dintorni). Lo sanno, ma devono fingere che non sia così, perché non avranno mai più un’altra occasione del genere, per trascinare la felice anomalia lombardia al livello mediocre della regola italica, o magari sotto. Hanno un complesso irrisolto, con la Lombardia, qualcosa che in psicologia assomiglierebbe alla sindrome rancorosa del beneficiato, visto quei famosi 54 miliardi che mantengono la baracca collettiva.


L’ha mostrato plasticamente qualche giorno fa il ministro per le Autonomie Francesco Boccia (che equivale più o meno a Cicciolina ministro della Castità, un iperstatalista di consolidata tradizione), quando si è presentato giulivo in conferenza stampa con le (pseudo)mascherine raffazzonate in stile carta igienica che avevano fatto sbottare Fontana e Gallera.

Uno sfottò dozzinale, lo sfregio di una nazione al suo territorio più devastato dal virus. Colpevole, sempre, di distinguersi.

Giovanni Sallusti, 3 aprile 2020

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