Le mosse di Bruxelles

Ucraina nell’Ue? Ecco quanto ci costerà

L’Europa si è mostrata solidale con Kiev dopo l’aggressione russa. Ma portarla nell’Unione Europea nasconde dei rischi

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Doverosa premessa, a scanso di equivoci: chi mostra dubbi e perplessità sull’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea non è affatto filorusso; né a favore della deliberata aggressione di Vladimir Putin. Il punto centrale è chiarire con quali mezzi si voglia difendere il popolo ucraino dall’invasione di Mosca. Fino ad oggi, in Occidente, sono state intraprese due strade principali. Da una parte, quella delle sanzioni e degli aiuti militari; dall’altra, della cancel culture nei confronti di letterati, musicisti, atleti russi, indipendentemente dal fatto che fossero sostenitori del regime.

In questa sede, non discuteremo della legittimità o meno delle decisioni intraprese dall’alleanza atlantica e dai Paesi europei. Piuttosto, vorremmo considerare i rischi di un’eventuale entrata dell’Ucraina nell’Ue, ipotesi ventilata, ben da inizio conflitto, sia dal governo Zelensky che da alti rappresentanti comunitari.

Il processo di adesione è iniziato lo scorso 7 marzo, quando gli ambasciatori dei 27 Stati membri, riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio, invitarono la Commissione Europea a presentare il proprio parere sulla richiesta di “una procedura speciale accelerata”, avanzata da Kiev. L’ipotesi ricevé il benestare del Parlamento Europeo e della presidente della Commissione europea; la quale, visitando l’Ucraina dopo il massacro di Bucha, assicurò che il futuro della Repubblica poteva essere solo nell’Ue. Nonostante le pretese euroliriche ed euromistiche dei nostri rappresentanti, ci sono almeno due questioni fondamentali su cui soffermarci.

I rischi dell’Ucraina in Ue

1. I costi di ricostruzione. La Kyiv School of Economics ha calcolato il costo complessivo della guerra, fino, che sarebbe già pari alla cifra di 600 miliardi di dollari. In aggiunta, un prestigioso think thank di Bruxelles – Cepr – ha stimato che gli aiuti economici necessari per una ripresa potrebbero raggiungere i 500 miliardi di dollari, a seconda della durata del conflitto. Di fatto, in caso di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, l’intero costo della ricostruzione ricadrebbe nei confronti dei Paesi membri, ovvero a noi cittadini europei. Difficile pensare che la rinascita di uno Stato, totalmente logorato da una guerra, possa avvenire con i pochi miliardi di un Recovery fund 2.0, nel rispetto dei vincoli di Maastricht e, a maggior ragione, attraverso l’applicazione di politiche green o digitali. Piuttosto, servirebbe un nuovo Piano Marshall, con un’azione congiunta, capeggiata da Usa e Regno Unito, proprio come avvenuto al termine del secondo conflitto mondiale.

C’è però una domanda che aleggia come uno spettro tra le stanze di Bruxelles: che fare in caso di conquista dell’intera Ucraina da parte delle forze armate russe? Il Tue – Trattato sull’Unione Europea – vincola tutti i Paesi membri a difendere un altro Stato Ue che sia “vittima di un’aggressione armata sul suo territorio”. Applicando letteralmente l’articolo, l’adesione trascinerebbe l’intero continente europeo a dichiarare guerra alla Russia di Putin. A tal punto, si attiverebbe anche l’articolo 5 Nato, obbligando tutti i membri dell’organizzazione al sostegno militare diretto. Tradotto, in poche parole: Terza guerra mondiale.

2. A ciò si aggiunge un altro interrogativo: quali sarebbero i vantaggi che l’Unione Europea potrebbe trarre dall’adesione ucraina? Il risultato, fino ad oggi, sarebbe quello di una totale ricostruzione di un Paese distrutto, trasformando i Paesi membri – Italia inclusa – in esclusivi contributori netti. Certo, potrebbe esservi un vantaggio: Kiev è il terzo esportatore di grano in Occidente. Eppure, anche in questo caso, dovremmo far conto con un settore lacerato dallo scontro bellico, dove attualmente vige un blocco alle esportazioni per la guerra.

Dal 24 febbraio, oltre all’Ucraina, anche Georgia e Moldavia hanno presentato richiesta di adesione all’Unione Europea. Guarda caso, si tratta dei Paesi maggiormente esposti ad eventuali future mire espansionistiche russe. Per la prima, già dal 2008, Putin cercò di ampliare la propria influenza in Ossezia. Per la seconda, invece, la Transnistria, de facto regione indipendente filorussa, si sta rivelando uno degli scenari chiave per la conquista della città ucraina di Odessa.

La percezione dei richiedenti è comunque la stessa: l’Unione Europea è vista come uno scudo difensivo, in grado di creare deterrenza nei confronti del Cremlino, capace di svincolare definitivamente i Paesi ex sovietici da nuove rivendicazioni imperialiste. Eppure, rimane pur sempre da rispettare un limite assoluto: non trascinare l’intero continente in una guerra globale. Mai come oggi, questo limite rischia di essere oltrepassato.

Matteo Milanesi, 28 aprile 2022

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