Dice il geometra Bonelli del carnevale della sinistra schizoide tra pacifismo armato e disarmo autoritario: siamo diversi in tutto ma ci troviamo in piazza contro la Meloni, per far fuori Meloni. La politica di piazza non è mai buona politica, la demagogia finisce nel binario morto delle chiacchiere che si dissolvono, ma tiene insieme gli opposti.
Bonelli è il responsabile della Salis europea con le sue condanne e i suoi precedenti, le sue pendenze non di poco conto, è un pacifista che ha mandato a Bruxelles una accusata di sfasciare teste e il suo verbosismo demagogico è a prova di bomba, ma la politica dei petardi verbali tradisce la tragica mancanza di senso di quanti usano un manifesto auritario di 80 anni fa come una clava per il presunto autoritarismo meloniano: qualcosa che c’è perché si dice, si vuole che ci sia a dispetto dell’evidenza che se mai è l’opposto, un camminare sulle uova, un voler andar d’accordo con tutti, un ipergarantismo anche orale, anche ideologico, inedito e un po’ desolante a destra, in questa destra di potere che è completamente diversa da quella di Berlusconi che procedeva come un rullo, faceva un po’ le leggi che gli parevano anche se le schermaglie erano spesso apparenti, parte di un gioco di specchi per cui lui apriva le sue televisioni alla sinistra la quale non vedeva l’ora di andarci e denunciava, senza mai decidersi a prenderlo per le corna, il toro del conflitto d’interessi.
Ne derivava un pluralismo di spartizione che lui chiamava liberalismo e la sinistra dalle mille coda di paglia autoritarismo. Per dire che alla sinistra non basta il consociativismo compromissorio, ci sguazza ma non può smettere di porsi come agnello democratico sacrificale a nome di masse inesistenti e comunque non rappresentate.
Anche oggi, con la prudentissima Meloni, la sinistra carnascialesca e affaristica non può fare a meno di agitare gli stracci e i fantasmi: si raggruma in patetiche chat antifà che implodono per l’autoritarismo dei narcisi i quali subito si trasferiscono in comitati visionari di sapore staliniano: lo chiamano, pomposamente, “Osservatorio sull’autoritarismo” e sono i soliti della instancabile compagnia di giro, cattedratici e professorini passepartout come la De Cesare, Barbero che ha appena sfilato alla kermesse grillina, Tomaso con una M Montanari, Zagrebelsky, Manconi da Lotta Continua, tutta gente mite, conosciuta per la pacatezza, per la tolleranza. Zagrebelsky, il costituzionalista, si produce in telesbroccate degne di Prodi, dritto come un drone puntato sulla necessaria Meloni che se legge passi del mitologico Ventotene diventa ipso facto ignorante e pericolosa.
Serve sempre un pretesto per queste sussiegose puttanate e il comitato lo trova nel dl sicurezza che sarebbe, nientemeno, “la criminalizzazione del conflitto, l’incattivimento dei linguaggi, la compressione della libertà di espressione e manifestazione”. Fiato alle trombe, demagoghi. Appena dopo che i giudici di Torino hanno salvato quelli di Askatasuna da pesanti accuse per associazione criminosa. La malafede di questi è talmente palese, è sempre il gioco del “la spariamo grossa per far vedere che noi possiamo”.
Criminalizzazione del conflitto? In un Paese dove la destra di potere manda gli sbirri in piazza con mansioni di puro contenimento, insomma a prenderle? Dove può diventare europarlamentare chi teorizza l’insulto, l’aggressione alla divisa in quanto divisa? Dove due maranza rapinatori vengono difesi dalla politica amministrativa di sinistra senza la dignità della ragione? Dove i balordi in fama di attivisti climatici restano liberi di devastare (a spese della collettività) il patrimonio artistico, di bloccare il traffico, di invadere dove vogliono? Lo sanno i tromboni e i firmaioli, i chattari e gli animatori dei comitati come funziona altrove, in nazioni che tengono in fama di democratiche, di garantiste?
Tutti questi tradiscono una contraddizione grottesca: sono, chi espressamente, chi in modo peloso, strenui ammiratori di Putin del quale vantano la politica legge e ordine, il loro argomento principale è: a Mosca, non vola una mosca, si può girare tranquilli. Come e perché tanto accada non lo specificano perché non gli conviene: la militarizzazione dello Stato, la lunga e pesante eredità totalitaria, la riduzione quasi a zero del dissenso e, per dirla in parole loro, la compressione della libertà di espressione e manifestazione non la contemplano ovvero la democrazia negativa o alternativa gli va bene a Mosca mentre non la tollerano nell’Italia sfilacciata dove gli sbirri vengono usati non a fini repressivi, tranne che in tempi pandemici, grillini, ma come argine fisico.
C’è da piangere se si pensa che a mettere in scena simili pagliacciate sia gente la cui stagionatura dovrebbe indurre almeno a misura. Ma la sinistra ha, si direbbe, un problema urgente proprio nei suoi vecchi, sempre più simili ad hooligans patetici. Poi la propaganda ha le sue ragioni che la decenza non conosce e questa sinistra che non riesce ad uscire dal pantano politico si affida ai buffoni, ai giullari, ai professorini, ai moralisti schizoidi.
L’osservatorio antigovernativo è peggio che pretestuoso, è una farsa se si mette a contare le nuove fattispecie di reato e i conseguenti anni di carcere teorici, che nessun organo giudicante comminerà mai, e si tappa gli occhi davanti alla manifesta perdita di controllo nelle città, alla deriva criminale non solo a prato basso, alla pressoché totale impunità dei balordi, particolarmente etnici. L’autoritarismo c’è come equazione dialettica, semantica per cui dire destra è dire repressione, mentre se occasionalmente o strategicamente praticato a sinistra diventa responsabilità di governo, sicurezza.
Ma dipendendo la sinistra europea e italiana dai voti sperati dei naturalizzati, dei “nuova generazione”, a questi si permette tutto e un simile sconcio clientelismo viene elevato a rango politico e chiamato inclusione. E l’inclusione, come dicono Mattarella e i sindaci delle città rosse, non è trattabile, è fatale, irreversibile e monodimensionale: non si offre, si concede, non si concorda, si subisce e soprattutto non va incrinato, la destra sulle uove non ci provasse proprio, neanche in linea squisitamente teorica, se no facciamo i comitati di difesa democratica di stampo leninista cioè vi spieghiamo noi come comandare, dal gradino delle nostre cattedre militanti.
Max Del Papa, 11 aprile 2025
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