Una cattedrale nel deserto

La prima puntata del mio viaggio del mondo in 40 giorni. Da Milano a Doha tutte le differenze

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La partenza da Milano Malpensa, cioè dalla Regione più ricca d’Italia e dalla città più europea della Penisola, dà l’idea di quello che dice Parag Khanna nel suo secolo asiatico: hanno vinto loro. Almeno così sembra. Alle dieci di sera a Malpensa è tutto chiuso o così sembra. Pochi turisti, qualche svizzero di Lugano che trova più comoda Varese rispetto a Zurigo o Ginevra, il solito tran tran di un aeroporto italiano, compresi i lavori nella strada che conduce alle partenze. E pensare che si tratta di uno degli aeroporti più importanti d’Italiani, con più di 24 milioni di passeggeri in transito.

Poi atterri a Doha, nel suo nuovo aeroporto internazionale Hamad (già ci passano 35 milioni di cristiani, e non solo ovviamente) e ti prende un colpo. Nel video, girato alle sei di mattina locali, sembra di stare in un altro mondo. Non sono i dieci milioni di passeggeri in più che fanno la differenza, ma tutto il resto. Wifi, carrelli, negozi, scale mobili, dimensioni, gente, salette riservate, ristoranti di ogni tipo e spazi per i bambini. Un altro mondo.

Eppure atterrando con la loro compagnia, la Qatar, sembra di arrivare nowhere, deserto e depositi di petrolio, con quell’aria grigiastra imposta dalle sabbie del deserto.

L’aeroporto di Doha potrebbe essere la loro Taranto, si parva licet, in cui i soldi pubblici, quelli del petrolio e dell’emiro, sono stati utilizzati per costruire una cattedrale nel deserto. Che non produce acciaio, che a noi serve e serviva molto, ma turismo, che in Qatar, non è proprio cosa facile.

La loro cattedrale è stata costruita meglio, durerà più delle nostre, è stata pensata più strategicamente avrà migliore fortuna?

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