Esteri

Ursula frena sul Green Deal? “Non è questa la priorità”

Il nuovo governo Ue non avrà più un unico Commissario al clima. E a sinistra c’è già chi storce il naso: “Von der Leyen smantella le politiche per il pianeta”

Green Deal Von der Leyen © Sergey Novikov, claudiodivizia e Adam Lapunik tramite Canva.com

Non c’è solo la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente della Commissione Europa. Il nuovo governo targato Ursula von der Leyen è diverso dal precedente forse anche perché, come lamentano Elly Schlein e la sinistra Ue, è “il più a destra di sempre”. E magari, chissà, metterà nel cassetto le ossessioni green che hanno caratterizzato l’ultimo lustro.

Certo: a votare all’Europarlamento la maggioranza è stato il vecchio blocco centrista (Ppe, Pse e liberali) con l’apporto determinante dei verdi. Ma una cosa sono i deputati, un’altra la Commissione che – per sua natura – non rappresenta tanto il risultato elettorale quanto i rapporti di forza tra gli Stati membri e i loro governi. Infatti l’Italia, pur non avendo votato né in Consiglio né in Aula la riconferma della Von der Leyen, si ritrova con un Commissario di peso (Coesione e Riforme) e con un portafoglio importante. Chi sa fare di conti ha fatto notare che il Ppe, insieme ai due conservatori, potrà avere la maggioranza nel collegio. Su 27 membri, se si include anche Ursula, ben 14 sono espressione dei Popolari. Lista a cui vanno aggiunti Fitto, ovviamente, il ceco Jozef Sikela (indipendente ma nominato da un governo a guida conservatrice) e magari anche il “patriota” Oliver Varhelyi, indicato da Viktor Orban, a cui dovrebbe finire la Salute e il Benessere animale. Molto meno incisivi i liberali, con cinque Commissari e i socialisti con quattro. “Di certo non siamo entusiasti di questa Commissione”, sussurra Elly Schlein, è “più conservatrice di quella di prima”.

Ecco perché i paladini del green hanno rizzato le orecchie quando ieri Ursula ha “confessato” che il Green Deal, che lei stessa aveva partorito in coppia con Timmermans, non sarà in cima alla lista delle preoccupazioni del governo europeo. “Il mutamento climatico è molto importante e dobbiamo affrontarlo – ha detto la presidente – Ora però i temi della sicurezza, dopo la crisi ucraina, e della competitività hanno avuto un impatto più significativo sulla formazione del collegio e la sua composizione. Questo riflette molto i tempi in cui viviamo”. Tradotto: il tema verrà affrontato ancora, magari a parole la transizione sarà “la spina dorsale di tutto quello che stiamo facendo”, però non sarà più la priorità dei prossimi cinque anni di governo. Anche Mario Draghi, nella sua relazione, che ispira le politiche di questa Commissione, aveva ricordato come gli “ambiziosi obiettivi climatici” andrebbero raggiunti con “un piano coerente” per evitare che “la decarbonizzazione sia contraria alla competitività e alla crescita”.

Non è un caso allora che non esista più un Commissario unico al Green Deal e al Clima, e che i poteri siano stati spacchettati tra quattro diversi “ministeri”. Il che renderà il tutto molto più “complicato”, vista anche l’appartenenza politica dei commissari designati. A gestire la Transizione pulita, giusta e competitiva sarà la spagnola socialista Teresa Ribera, ecologista di ferro. Al suo fianco ci sarà però l’olandese Wopke Hoekstra, già sostituto di Timmermans, che molti considerano uno “scettico” visto anche il suo passato nella Shell: col suo arrivo nell’ultima fase della precedente legislatura sono state avviate su spinta del Ppe alcune modifiche alle regole verdi dell’Ue. Il resto delle politiche ambientali sarà diviso tra Jessika Roswall (Svezia – Ppe), che avrà le deleghe ad Ambiente, resilienza idrica ed economia circolare competitiva; e Dan Jørgensen (Danimarca – S&D), con il portafoglio all’Energia (che però è anti-nuclearista).

“L’intero Collegio – ha spiegato Ursula – è impegnato nella competitività! Rafforzare la nostra sovranità tecnologica, sicurezza e democrazia. Costruire un’economia competitiva, decarbonizzata e circolare, con una transizione equa per tutti”. La svolta non è piaciuta alla co-presidente della France Insoumise, Manon Aubry, secondo cui la Commissione batterà il chiodo solo sull’economia “che ha sostituito il Green Deal”. “Sotto la falsa bandiera della ‘competitività’ – attacca il gruppo della Sinistra al Parlamento Ue – Ursula Von der Leyen sta smantellando politiche vitali per le persone e il pianeta. Dare priorità agli interessi industriali rispetto alla crisi climatica non è solo irresponsabile, è pericoloso per la democrazia”. Non è una garanzia di cambio di passo. Ma se il buongiorno di vede dal mattino…