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Usa, DeSantis sfida Trump: può farcela? Cosa dice il sondaggio

Il governatore della Florida ha annunciato la sua candidatura alla Casa Bianca per le elezioni del 2024: “È il grande ritorno americano”

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Ormai è ufficiale: il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha annunciato la sua candidatura alla Casa Bianca per le elezioni presidenziali del 2024 contro Donald Trump. L’annuncio è arrivato via Twitter, attraverso una diretta con il Ceo Elon Musk, il quale comunque ha ricordato la sua intenzione di non appoggiare nessun candidato, ma di interessarsi che “Twitter sia una sorta di piazza cittadina”. I due hanno organizzato un evento su Twitter Spaces, la piattaforma del social network per le chat audio, moderati da David Sacks, imprenditore tech che affianca da anni il fondatore di Tesla.

Eppure, non è andata come il Ceo dell’uccellino si sarebbe aspettato. Circa 600mila persona hanno cercato di connettersi per assistere all’annuncio di Ron DeSantis, ma solo la metà è riuscita a collegarsi. Un bluff per Twitter, che ha dovuto ritardare di mezz’ora la candidatura del governatore della Florida, nel tentativo di risolvere i problemi tecnici. Donald Trump ha subito attaccato con un nuovo soprannome: #DeSaster – disastro – lanciato sul suo social Truth e diventato virale anche su Twitter.

I sondaggi DeSantis-Trump

Sarà quindi il governatore repubblicano De Santis ad essere il principale ostacolo di Donald Trump per la sua terza candidatura consecutiva alla Casa Bianca. Il Tycoon ha annunciato già da mesi la sua corsa alla Casa Bianca e lo ha fatto dando il via al primo comizio elettorale in Texas, da sempre terra repubblicana ed in particolare trumpiana.

I dati danno avanti l’ex presidente americano. Secondo l’ultimo sondaggio dello scorso marzo della Cnn, The Donald sarebbe in vantaggio di soli quattro punti percentuali sul rivale di partito: 40 per cento contro il 36 per cento di DeSantis. Un margine che stacca nettamente gli altri concorrenti: l’ex vicepresidente Mike Pence e l’ex ambasciatrice statunitense all’Onu Nikki Haley, entrambi al 6 per cento. Nonostante tutto, le cifre rimangono estremamente volatili. Secondo un recente sondaggio di inizio maggio redatto da Cbs e YouGov, tra gli elettori del Grand Old Party, gli estimatori di Trump sarebbero ben il 58 per cento, mentre il governatore della Florida rimarrebbe fermo al 22 per cento, con un deficit di 36 punti percentuali. A ciò, si aggiungono il 18 per cento degli elettori del Gop che sarebbero intenzionati a riconfermare il Tyccon per la candidatura alla Casa Bianca.

Per approfondire

Insomma, la spada dalla parte del manico è sicuramente impugnata da The Donald, così come successo per la gran parte degli ex inquilini di Washington, al momento della scadenza del proprio mandato. Questa volta, però, potrebbe esserci un elemento che gioca a favore di DeSantis nella sfida a Trump: l’insoddisfacente risultato del Gop nelle elezioni di midterm dello scorso novembre. L’ondata rossa, che era stata prevista dai media mainstream, non si è assolutamente verificata. Anzi, i democratici di Joe Biden sono riusciti a mantenere saldamente il controllo del Senato.

Molti rumors all’interno del partito repubblicano hanno imputato le responsabilità proprio a Trump. In particolare, Sarah Matthew, l’ex vice portavoce della Casa Bianca del Tycoon, che affermò chiaro e tondo come l’ex presidente non poteva più essere candidato alla leadership del Gop per il 2024.

L’annuncio di DeSantis

“Corro per la presidenza americana, il Paese va nella direzione sbagliata: dobbiamo scegliere una nuova strada e riportare l’integrità nelle nostre istituzioni”. Così ha esordito il governatore della Florida, pubblicando un video in cui ha annunciato “un grande ritorno americano”, frase che tanto ricorda il lancio della campagna elettorale di Trump 2020: “Make America Great Again”.

Sono almeno tre le bisettrici su cui si è fondata la candidatura di DeSantis. Innanzitutto, vi è stato il tentativo di assurgere lo Stato governato come modello per gli Stati Uniti, combattendo la cultura woke, il politicamente corretto e il “marxismo culturale” imperante nel Paese. Una guerra contro l’ideologia, che poi si è estesa al lato immigrazione e alla guerra in Ucraina.

Sotto il primo profilo, DeSantis vorrebbe proclamare immediatamente lo stato di emergenza nazionale per chiudere i confini col Messico e ripristinare la politica adottata da Donald Trump nei suoi quattro anni di presidenza. Sul sostegno a Kiev, invece, la posizione sembra più “di attesa” rispetto a quella di Joe Biden. Il governatore della Florida, infatti, ha cercato di porre in secondo piano la questione, affermando di non poter prevedere quello che succederà nel 2024. Resta ferma però una chiara linea rossa: gli Usa non devono essere trascinati in una guerra alle porte dell’Europa. Infine, non sono mancate le bordate contro la dichiarata emergenza climatica, dove DeSantis ha parlato esplicitamente di “politicizzazione del clima” e ha accusato Biden di “politicizzare” anche le forze armate”, che ora si occupano di cambiamenti climatici, causando un crollo nel reclutamento.

Si vedrà se gli americani repubblicani accetteranno la nuova filosofia di DeSantis, che – come evidente – attinge proprio dall’humus di Donald Trump. Molti analisti Usa parlano già di alternativa “trumpiana” al Tycoon stesso, che non porterebbe una ventata di novità sul piano dell’agenda della Casa Bianca, ma soprattutto su quello delle modalità e dell’approccio di fare politica. Si deciderà tutto a partire dal prossimo anno, quando le primarie avranno il via.

Matteo Milanesi, 25 maggio 2023

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