Vaccini, perché sui ragazzi occorre prudenza

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di Paolo Becchi e Giulio Tarro

Inizialmente aveva senso essere scettici e porsi degli interrogativi, ma adesso abbiamo avuto la prova che i vaccini nel loro complesso funzionano, ce lo hanno dimostrato soprattutto gli inglesi e gli americani. Dove c’è stata una vaccinazione su larga scala la gente ha smesso anche di indossare le mascherine, in Texas ora sono addirittura vietate. Nel campo scientifico contano i dati ed i risultati, e questi ci hanno confermato che certe legittime paure iniziali erano almeno in parte infondate.

L’allarme inutile della variante indiana

La vaccinazione nel Regno Unito ha funzionato in maniera efficace. Il problema della variante “indiana” sta creando allarmi inutili, è risolvibile al massimo con un altro richiamo, nel caso la persona sia già stata sottoposta a vaccino. Inutile andare a cercare pecche nella politica vaccinale degli inglesi che è stata impeccabile. Loro sono partiti subito con gli anziani e i soggetti più fragili e in questo modo hanno evitato quello che invece è accaduto da noi con la confusione che c’è stata sulle categorie di età. Non dimentichiamo che le 500 vittime che abbiamo avuto ad inizio anno erano tutti anziani, e c’è voluto Mario Draghi per invertire la rotta.

Perché vaccinare i minorenni?

La vaccinazione della popolazione sta dimostrando la sua efficacia, ma siamo contrari al vaccino per adolescenti fino al compimento dei diciotto anni, perché è irragionevole far vaccinare categorie cui la malattia virale non cagionerebbe danni. I vaccini vanno somministrati a chi ne ha davvero bisogno, ovvero alle categorie fragili, agli anziani in particolare; per tutti gli altri soggetti non sono indispensabili e ci sono anche cure per affrontare la malattia. Ovviamente dopo i diciotto anni ognuno deve essere lasciato libero di decidere. Imporre un obbligo vaccinale in questo caso è sbagliato, tanto più nei confronti dei giovani, per i quali il rapporto rischio/benefici è tutto dalla parte dei rischi.

Anche perché giungono recenti studi americani riguardanti la possibilità di miocarditi o addirittura di sindrome di Kawasaki (si tratta di una sindrome multisistemica infiammatoria pediatrica che viene acquisita nei bambini come malattia cardiaca associata alla Covid-19). Ed in effetti proprio in questi giorni è morto  un tredicenne di miocardite nello Stato del Michigan,  dopo la somministrazione della seconda dose di Pfizer.  I nuovi “vaccini” con RNA messaggero (Pfizer e Moderna) dovrebbero pertanto essere somministrati solo a coloro che hanno superato la fase adolescenziale. Sarebbe pertanto opportuno allargare lo spettro delle persone a cui il vaccino non è consigliato, non solo alle donne in gravidanza, ma anche i giovani. Questi “vaccini” di ultima generazione hanno ricevuto una notevole spinta quando un paio di studiosi dell’Università della Pennsylvania, Kataline Karikò e Drew Weissman hanno scoperto che modificando i prodotti dell’RNA, i nucleosidi, si poteva sfruttare l’aumento di produzione delle proteine da parte dell’RNA messaggero e sopprimere la reazione del sistema immune verso le stesse molecole dell’RNA messaggero. Questa in sostanza è la scoperta fondamentale che sta alla base dei “vaccini “a RNA messaggero.

I vaccini a mRna: rischi e benefici

La specificità della Pfizer-BioNTech consiste nel fatto che per affrontare il Sars-Cov-2 è stato realizzato, non un classico vaccino ma una terapia genica, basata su mRNA che contiene le istruzioni per la sintesi nell’organismo umano di nuove proteine le quali dovrebbero permettere di resistere all’attacco del virus. I fautori di questa terapia fanno notare che le cellule umane già processano, normalmente, più di 5000 diversi RNA messaggeri, tutti temporanei, possedendo l’mRNA nel nostro organismo una emivita media di circa 5 minuti. Il prodotto della Pfizer-BioNTech, quindi, non avrebbe rischi. I critici, dal canto loro, fanno notare che la terapia (oggi peraltro ancora in fase sperimentale e utilizzata solo contro gravissime malattie genetiche, non infettive, per le quali non esiste una cura, come ad esempio distrofia muscolare di Duchenne, adrenoleucodistrofia cerebrale, mucopolisaccaridosi) potrebbe, invece, scompaginare il nostro sistema immunitario, impedendogli di continuare a neutralizzare gli innumerevoli virus con i quali normalmente conviviamo. Degradandosi, può (al pari delle cellule immunocompetenti che hanno inglobato il vaccino) entrare in circolo, raggiungendo ogni distretto del corpo dove può avvenire l’incontro con qualche retrovirus o con uno dei quattro coronavirus (229E, NL63, OC43, HKU1) già presenti nel nostro organismo.

Astrazeneca sì o Astrazeneca no?

Passiamo ad Astrazeneca. Il vaccino elaborato ad Oxford contiene le istruzioni genetiche del virus per la costruzione della proteina spike della Covid-19, ma a differenza dei vaccini a RNA messaggero esso utilizza un frammento di acido nucleico che contiene l’informazione per la produzione della spike inserita nel DNA di un adenovirus che funge da trasportatore, una sorta di “cavallo di Troia”. Gli adenovirus sono virus comuni che causano nell’uomo raffreddori o sintomi influenzali. Nel caso dell’AstraZeneca viene utilizzato una versione modificata di adenovirus degli scimpanzé, in grado di penetrare nelle cellule, ma non di replicarsi. Dopo che il vaccino viene iniettato nel braccio di una persona, gli adenovirus si agganciano alla superficie delle cellule e vengono veicolati all’interno del nucleo, sito del DNA cellulare. Dal momento che il vettore (l’adenovirus) “trasporta” il gene della proteina spike, una volta penetrato nel nucleo della cellula quel gene mediante l’RNA produce il corrispondente messaggero che fornisce l’informazione della spike. Successivamente la cellula produce gli anticorpi specifici verso la proteina virale.

Questo vaccino è stato approvato dopo diverse vicissitudini dall’EMA e dall’AIFA a fine gennaio 2021 con limiti di età fino a 55 anni e poi portato come in Germania fino a 65 anni. Il lancio dello stesso vaccino è stato sospeso in Danimarca e altre nazioni per un lotto responsabile di un effetto di coaguli di sangue, con la stessa cosa è avvenuta anche in Italia l’11 marzo 2021. Se da una parte vi è un notevole costo inferiore del vaccino AstraZeneca rispetto a Pfizer e Moderna, dobbiamo ricordare che gli effetti collaterali sono divisi equamente, come riportato dall’agenzia del farmaco del Regno Unito. Ricordiamo che questa multinazionale è l’unica ad avere pubblicato i dati di fase 3 su una rivista scientifica come “Lancet”. Le reazioni riportate in questi giorni con le prime vaccinazioni ovvero i richiami con AstraZeneca hanno catalizzato lo stop di questo vaccino, a causa di alcuni decessi. Rari casi di coaguli sono stati osservati nei destinatari di questo vaccino associati a bassi livelli di piastrine nelle persone sotto i 60 anni, più spesso nelle donne, 4 casi per milione di persone vaccinate. A seguito della morte della diciottenne ligure, il vaccino AstraZeneca è stato destinato solamente agli over 60, mentre come seconda dose per gli under 60 e i giovanissimi hanno previsto il cocktail con Pfizer e Moderna. Una soluzione parecchio discutibile, poiché non suffragata al momento da adeguate conoscenze.

In conclusione, vaccinare la popolazione anziana è importante, e gli effetti della vaccinazione in corso sono positivi, ma non c’è alcun bisogno di renderla obbligatoria per nessuno. Una analisi rischi/benefici dovrebbe invece sconsigliare la vaccinazione in fase adolescenziale, perché tutti i vaccini attualmente disponibili presentano delle controindicazioni.

Paolo Becchi e Giulio Tarro, 30 giugno 2021

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