Vasco Rossi, da “Liberi liberi” alla censura

Era il libertario per eccellenza. Ora pretende le biografie con autorizzazione ufficiale… Com’è cambiato Vasco!

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vasco rossi censura

Mentre non si può scrivere di un personaggio pubblico, secondo Vasco Rossi, dall’altra il suo megaconcerto previsto a Trento è un flop (60 mila biglietti venduti su 120 mila posti) per contratto in Comune è obbligato a comprare e rimanenti. Per non parlare delle decine di ettari di vigne che devono essere spianate per far posto a chi andrà a ascoltarlo.

Il cantante tuona su Instagram – più adatto che Facebook alle sue comunicazioni con la K e ai filmatini che posta nelle stories – in previsione del suo settantesimo compleanno scrive: “Oggi ci sono molti più scrittori che lettori… Non sto ad elencarvi quanti libri usciranno sui miei settant’anni.. che non ho ancora compiuto.. e che non ho autorizzato.. – scrive in stampatello e sempre con due puntini di sospensione al posto dei tre che usano i lettori delle grammatiche italiane – Io, per parte mia…non so neanche cosa faccio… oggi che è domenica”.

Da anni Vasco Rossi è passato dagli scontri agli scontrini, ma questo messaggio non è certo un buon precedente per la libertà di stampa. Essendo un personaggio pubblico nessun giornalista o scrittore deve essere “autorizzato” per scrivere una biografia. Saranno poi i lettori a scegliere. Di solito le biografie che non sono agiografie autorizzate riempiono di orgoglio i personaggi pubblici. Nessuno dei Rolling Stones si è mai sognato di lamentarsi per le centinaia di biografie non autorizzate: certo non guadagnano nulla rispetto a quelle “autorizzate”, ma Mick Jagger ha sempre dichiarato di essere stranito dalla felicità per tutta l’attenzione che gli tributano.

Vasco Rossi, quello che cantava Liberi Liberi e che ha ripetuto per tutta la vita che voleva morire sul palco, è molto vicino alla censura: anche Hitler aveva dichiarato, quando prese il potere, di non sopportare chi scriveva su di lui – come riporta uno dei suoi più accreditati studiosi Peter Longerich in Hitler. Una biografia (in Italia edita da Utet). Qualche anno dopo i libri li faceva bruciare. Fortunatamente Vasco Rossi non è Mick Jagger e ancor più non è Hitler, ma queste sue dichiarazione ledono qualsiasi libertà di espressione che è quello che, un artista, di solito si pone come scopo per chi lo segue.

Ma, come ha scritto Gertrude Stein nel libro Picasso (in Italia per Adelphi) l’artista spagnolo le ripeteva sempre che “tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi”. È il caso di Vasco Rossi: ormai più che i “sold out” cerca il “tutto venduto”. Perché da Siamo solo noi è trapassato ormai da anni a “Siamo solo io”. Lui dichiara sempre di non essere stato “un cattivo maestro e nemmeno un maestro”. E su questo non c’è dubbio visto che usa sempre i due puntini al posto che tre, ma di certo in una decina di sue canzoni ha elogiato la droga per non parlare in moltissimi concerti dal vivo e tante interviste (trovate tutto on line).

Peccato per quest’uomo trasformato da rockstar in impiegato dello scontrino. Non si rende conto del pericolo di queste sue dichiarazioni illiberali ma pensa solo al conto. Speriamo che tra qualche tempo non chieda anche i soldi della “Legge Bacchelli”, la pensione per gli artisti. Ma non ci giureremmo. Accidenti, mi viene un dubbio: sono libero di scrivere questo articolo? Mi sa che dovevamo chiedere. Che qualcuno del suo staff ci mandi il green pass per scrivere sotto dittatura.

Gian Paolo Serino, 10 dicembre 2021

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