Cultura, tv e spettacoli

Verdi fuori, ipocrite dentro: il lato abominevole delle Space Girl

Tutti ad applaudire la missione spaziale tutta al femminile. Ma a cosa è servito? A nulla. E a chi si professa green…

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Il sogno di abitare lo spazio resta elitario e siccome è elitario è di sinistra e siccome è di sinistra raggiunge le misure siderali del cretino come lo è una spedizione cosmicomica di cinque o sei elette sul razzo di Bezos che, essendo a spanne di sinistra ma più che altro ricco sfondato, nessuno si azzarda a prenderlo un po’ in giro. Ma nessuno!

Dopo le fanatiche, le lunatiche: anzi, le lunatiche fanatiche, di quelle di lusso, un tempo si usava dire: andovai, sulla luna?, e queste invece ci arrivano davvero o giù di lì, tutte superprivilegiate, tutte ultraesibizioniste, in un’operazione completamente inutile ma redditizia a fini pubblicitari e autopubblicitari; intanto c’è la corsa sempre più in alto, come diceva Mike Bongiorno nella pubblicità della Grappa Bocchino, tra megamiliardari, tu mister Tesla vai fin là? E io mister Amazon arrivo un metro più su, e si vedrà chi arriva più vicino nel sancta sanctorum della Casa Bianca, quella americana è la tecnodemocrazia dei razzi e della finanza cosmica. Senza contare il battage per l’equipaggio di queste insopportabili astrovanitose che dalla frivolezza delle nominate – “ah, che emozione, cinque minuti di microgravità!” – cavano fuori lustro e contratti per i prossimi cinquant’anni di spazio-tempo.

Cè la fidanzata del boss, la Laureen Sanchez, di professione fidanzata, ma molto attivista, c’è, ovviamente, una giornalista socialmente coinvolta, Gayle King, ci sono un paio di scienziate missilistiche ovviamente attiviste e fondatrici di quelle lobby che con la scusa dell’inclusione servono a far soldi, le Aisha Bowe e Amanda Nguyen, non manca una produttrice, ma sensibile, Kerianne Flynn, che si occuperà della narrazione spettacolare hollywoodiana, dulcis in fundo la Katy Perry che è una di queste cantanti attiviste più chiappette che ugola, per dire tutte fisicità e niente intonazione, alla quale il successo planetario non basta, vuole di più, vuole andare sulla luna.

Ben assortite come un gelato, tutte belle meticce, woke, che sembrano uscite da un cartone animato inclusivo della Disney. Le hanno chiamate, facilmente, Space Girls, e sono di gran lunga più insulse e insopportabili delle vecchie Spice ormai fossilizzate. Ma nessuna ironia, ai ricchi che vanno in astronave si bacia il razzetto, si stende l’impossibile, sentite qua come viene raccontata l’impresa, con toni epicizzanti: “Il viaggio durerà 11 minuti. Il razzo New Shepard, un veicolo spaziale suborbitale alto 18 metri, trasporterà l’intero equipaggio fino alla linea di Karman, il confine dello spazio riconosciuto a livello internazionale. La capsula dell’equipaggio si separerà dal razzo tre minuti dopo il decollo. La sua velocità sarà tre volte superiore a quella del suono. Una volta raggiunta questa linea, a 100 chilometri sopra la Terra, circa al quarto minuto, le passeggere si slacceranno le cinture per fluttuare in assenza di peso e ammirare il nostro pianeta, vivendo quindi circa tre minuti di microgravità”. Adoooro! Un piccolo passo per sei rompiballe, un grande scasso per l’umanità: e adesso che hanno vissuto la microgravità? Cambia qualcosa? Il mondo si salva? Andiamo tutti a spasso su Marte? Tutti no, sempre i soliti che si puliscono il culetto con i fondi d’investimento.

L’ipocrisia, quella sì è cosmica, è siderale: le nostre argonautiche de sta ceppa sono, manco a dirlo, tutte fondamentaliste ambientaliste, ecoultras, vestali green, sono per l’inclusione dell’universo e naturalmente ci arrivano a bordo dei razzi ecocompatibili che come noto marciano a canzoncine di Katy Perry, quella di “Fireworks”. Ma nessuno si azzarda a farglielo notare, si rischia di passare per reazionari, nemici del culto woke.

Ah, queste inclusive esclusivissime! Bravissime, e subito la rete, anzi il web, anzi la infosfera scoppia di soffioni propagandistici: “Il primo volo spaziale con un equipaggio completamente femminile dopo il volo della prima donna nello spazio, Valentina Tereshkova, nel 1963, è stato completato con successo oggi 14 aprile 2025 alle 15:30 italiane (8:30 locali) con la capsula New Shepard di Blue Origin. La capsula dell’azienda di Jeff Bezos, decollata nel deserto texano, ha compiuto un volo suborbitale di 11 minuti superando la linea di Kárman – il confine internazionalmente riconosciuto che delimita lo spazio a 100 km di quota – con con a bordo 6 donne: Katy Perry (la prima pop star ad andare nello spazio), la scrittrice Lauren Sánchez (compagna di Bezos), la produttrice cinematografica Kerianne Flymm, la giornalista Gayle King e le scienziate Amanda Nguyen e Aisha Bowe. Il volo è stato trasmesso in diretta sul sito di Blue Origin. Il volo è denominato NS-31, cioè il 31° lancio di New Shepard e l’11° con persone a bordo. Il primo è avvenuto il 20 luglio 2021, nel giorno del 52° anniversario del primo allunaggio di Neil Armstrong e Buzz Aldrin con la missione Apollo 11. Molti dei voli con equipaggio di New Shepard hanno portato a bordo celebrità: Blue Origin è infatti un’azienda privata e per salire a bordo di New Shepard occorre sostenere un costo molto importante (centinaia di migliaia di dollari) che contribuisce al finanziamento dell’azienda”.

Siffatto lavoretto orale è unico, sta su tutte le testate, i sitarelli, i blogghetti, le rassegne gossippare, è unico perché elaborato precisamente da Blue Origin e questo sarebbe il pluralismo informativo, o, come piace chiamarlo, “comunicazionale” delle nostre democrazie pubblicitarie inclusive nel senso che ti includono fino a stritolarti e se non ci stai, se ti sottrai, ti frantumano e ti sputano via. Una che non ci sta, sia lode ad essa, almeno finché non salirà sulla prossima astrocrociera, è la Emily Ratajkowski, la “supermodella”, perché modella non bastava, londinese trapiantata in California: “È una merda da fine dei tempi, siamo oltre la parodia”. Well said, supermodel, sintesi impeccabile, saresti un’ottima giornalista.

A noi questa faccenda dell’equipaggio femminile woke pare una roba pazzesca, tipo corazzata Kotemkin, ma va detto che chi scrive ha appena assistito, domenica scorsa nel piccolo teatro di Porto San Giorgio, ad una surreale rappresentazione dell’Intermezzo della Cavalleria Rusticana durante il quale hanno proditoriamente cacciato dal palco tutti i maschi del coro, qualcuno nella concitazione è pure cascato lungo disteso. Son rimaste solo le donne o percepite tali, una cosa traumatica. La Cavalleria Rusticana metoo. Povero Mascagni che si rigira a centrifuga nella tomba. E se certi capolavori accadono sulla terra, figurati se non si esportano nella via lattea. Pare comunque che la nostra Ilaler Salis abbia formulato una vibrata protesta a Bruxelles. Non per altro, ma gelosissima perché se c’è un posto da conquistare, da okkupare, lei non po’ mancare.

Max Del Papa, 20 aprile 2025

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