Politica

5 volte in cui Mattarella non è stato super partes

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Sette anni forse sono troppi. A fronte di una politica più liquida della società, sembra che la contrapposizione rocciosa di un settennato sia quasi contro natura. A prescindere dall’inquilino che abita o abiterà il Quirinale. In un Paese conformista come l’Italia il tempo, la durata, inducono sempre a far finire tutto in gloria. Gli unici presidenti criticati sono stati quelli che non hanno finito il mandato (da Giovanni Leone a Francesco Cossiga).

Incredibile, più che improbabile, non sbagliare in sette anni. Mentre si sta archiviando il tempo di Sergio Mattarella come Capo dello Stato, si sono moltiplicati i peana, le lodi, quasi la beatificazione in vita.

Di certo a Sergio Mattarella sono toccati sette anni difficili. Gli ultimi due particolarmente complicati. Alla crisi politica che ha portato alla deflagrazione – spesso inconcludente – del fenomeno grillino, si è aggiunta la terribile esperienza della pandemia. Sette anni, come se si fosse rotto uno specchio nel 2014.

Al momento del commiato è giusto, quasi doveroso, rendere omaggio a chi, come Sergio Mattarella, ha retto la barra del timone; ma se la nave ha fatto qualche sbandata, in questo periodo, non si può dare le colpe solo ai marinai. Insomma, tra i tanti motivi di gratitudine, forse è il caso di rammentare anche quegli episodi che in questi sette anni (terribili) hanno trovato un Presidente non sempre “al di sopra” del suo Paese. Com’è logico, d’altronde.

1. Una sola legge rinviata alle Camere (Scalfaro ne respinse sei, Ciampi otto). Alla fine della scorsa legislatura, ottobre 2017, quella sulle mine antiuomo. Allora abbiamo avuto un Parlamento perfetto? Una serie di Governi impeccabili? Di fatto la promulgazione delle leggi (competenza del Quirinale) non è mai venuta meno, anche se con la segnalazione di qualche criticità, ma non tali da richiedere un nuovo esame parlamentare (codice antimafia, legge sul cosiddetto whistleblowing, decreto-legge per il terremoto, leggi sulla commissione d’inchiesta sulle banche e sulla legittima difesa e il decreto legge sicurezza bis).

2. Due richiami al Governo e al Parlamento in occasione della promulgazione delle leggi di conversione dei decreti semplificazioni (settembre 2020) e Covid (luglio 2021) per rilevare la presenza di “norme palesemente eterogenee rispetto all’oggetto e alle finalità dei provvedimenti d’urgenza”. Due tirate d’orecchio. Mai un “messaggio motivato” alle Camere. In una stagione politica molto extraparlamentare (almeno fino al 2018, l’anno del boom elettorale del M5S) anche Mattarella ha spesso preferito percorrere vie parallele alla Costituzione. Forse in modo efficace. Ma criticabile, perché no?

3. Dopo il voto del 2018 i grillini pretendevano un Governo di minoranza (al punto di chiedere per Mattarella la procedura di alto tradimento, invocata da Luigi Di Maio), il centrodestra contava di poter ricevere a sua volta un mandato almeno esplorativo (come coalizione vincente), invece Mattarella chiamò Carlo Cottarelli, che per tre giorni fu premier incaricato per un Governo tecnico. Ipotesi franata di fronte all’accordo bizzarro tra Lega e M5S. La maggioranza gialloverde fu se non figlia almeno figliastra del Quirinale. Perché dimenticarlo?

4. E la fine del Conte 2 – anche la maggioranza giallorosa nacque all’ombra del Colle – fu decretata senza crisi parlamentare. Ancora una volta le Camere, poco rimproverate, vennero semplicemente accantonate, per chiamare super-Mario. Tempi eccezionali. Tempi di Covid. Vero. Ma il percorso fu immaginato fuori del dettato costituzionale, dopo aver accettato per mesi un governo del Paese a colpi di Dpcm, favorendo l’esplosione del super Ego dell’ex premier.

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