Abruzzo, i grillini perdono perchè stanno al governo ma non governano

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E le stelle? Stanno a guardare. Il titolo del romanzo di A. Joseph Cronin – E le stelle stanno a guardare – è perfetto per commentare le elezioni regionali d’Abruzzo: il centrodestra ha vinto, la Lega ha sbancato e le CinqueStelle non hanno toccato palla. Naturalmente, già si è fatto ricorso ai distinguo e si è detto che una cosa sono le politiche e un’altra cosa sono le amministrative e poi bla bla bla e ancora bla bla bla. Ma dopo i bla bla bla rimane il fatto e il fatto è che i grillini hanno perso e sono arrivati addirittura terzi dietro la sinistra. Perché?

Perché sono un partito al governo senza governo. Sia sul piano amministrativo, si veda Roma e dintorni, sia sul piano nazionale, si veda Palazzo Chigi e dintorni, il movimento delle stelle non governa. Lottizza, chiude i cantieri, rimanda, regge il moccolo alla Lega ma non governa. Il Movimento che è giunto al governo in men che non si dica è diventato Immobile. È lì nel mezzo, da una parte ha la sua purezza ideologica della quale è innamorato come Narciso che si specchia nell’acqua e dall’altra ha i problemi di governo da affrontare dai quali scappa a gambe levatem icendo né sì né no ma un nì che non serve a nessuno.

I grillini sono come l’asino di Buridano che non si sa decidere sul da farsi, se volgersi a destra a mangiare il fieno o volgersi a sinistra e mangiare il fieno, e così muore di fame. Un atteggiamento di indecisione che non serve a nessuno. Soprattutto non serve agli italiani che per quanto siano arrabbiati, risentiti, rancorosi per anni di crisi e di inutilità vogliono pur sempre uscire dal tunnel a riveder le stelle. Invece, proprio su questo punto non solo non si vede la luce ma si è fatto ancora più buio, ancora più notte e la nottata non accenna a passare.

Il guaio, il grosso guaio delle CinqueStelle è che stanno al governo. Se fossero ancora all’opposizione potrebbero continuare tranquillamente a sbraitare e fare propaganda, ma siccome sono al governo da sette mesi devono, lo vogliano o no, governare perché – come ha sottolineato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia – gli alibi sono finiti.

In realtà, anche i grillini se fossero più avveduti si renderebbero conto che la scelta dell’asino di Buridano è obbligata: non possono fare altro che governare. L’idea di non sporcarsi le mani, di non affrontare i problemi, di custodire la purezza dei puri, di restare come delle statue insensibili è non solo un’illusione – perché tutto sono tranne che puri – ma anche un clamoroso autogol perché da chi è al governo ci si attende che governi. Invece, il fanatismo del Movimento – contrario al mercato e al liberalismo e favorevole allo statalismo e alle dittature sudamericane – è per i grillini una condanna alla sconfitta.

Gli italiani, infatti, anche se non sopportano i politici che ricordano troppo da vicino i loro stessi vizi, anche se ogni tanto sono accecati dal giustizialismo e credono di sbarazzarsi con un falò dei mostri che loro stessi hanno creato, non vogliono abbandonare quel poco di libero mercato che c’è e chiedono che si ritorni a crescere.

È qui che il M5S non ha nulla da dire se non ricorrere ad una “decrescita felice” che nella realtà dei fatti significa uscire dalla società industriale o post- industriale che si voglia per ruralizzare l’Italia con un salto indietro di cent’anni. Questa idea sbagliata e folle del Paese è stata bocciato dagli abruzzesi che la campagna, i monti e gli Appennini li hanno già per natura e per storia e non hanno bisogno di un movimento ideologico per andare in montagna o fare una gita nel Parco nazionale d’Abruzzo.

Giancristiano Desiderio, 11 febbraio 2019

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