E allora? E allora servono politici – e istituzioni – che non si accontentino dell’aritmetica parlamentare, che non si limitino a constatare il giro della pallina nella roulette della Camera e del Senato. Una chiusura ordinata della legislatura – per quanto improbabile: ma c’è spazio per votare a fine giugno o a settembre – resta il modo migliore per costringere le forze politiche a focalizzarsi su risposte vere, e per dare all’Italia un governo che – bello o brutto che sia – abbia una qualche parentela con la volontà del corpo elettorale.
Tira un vento brutto per l’economia: non è saggio affrontarlo con un governo figlio di nessuno.
Daniele Capezzone 17 febbraio 2020