Al voto, prima che sia troppo tardi

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Dum Romae consulitur, la “Sagunto” dell’economia è espugnata. Intendo dire – ci verrò tra un po’ – che per scuotere un quadro politico che punta sull’immobilismo occorre far leva non sulla politics, cioè sulle mosse di politica politicante (a occhio e croce, tutte orientate a giochi di prosecuzione di questa legislatura), ma sulle urgenze dell’economia, che non attende, e ci sta già portando (è questione di poche settimane) alla recessione tecnica.

Chi conosce la politica e la esamina con realismo disincantato, non si attarda a fare demagogia o agitazione moralistica: per quanto disdicevole, è ovvio che i 7 parlamentari su 10 destinati a non essere rieletti siano pronti a qualunque pasticcio pur di evitare lo scioglimento delle Camere. Ed è altrettanto evidente che – a meno di sorprese auspicabili quanto improbabili – siamo entrati non in un “semestre bianco” (quello in cui il Capo dello Stato, al termine del suo mandato, non scioglie le Camere) ma in un interminabile “biennio bianco”: prima il referendum sul taglio dei parlamentari, poi l’estate, poi la legge di bilancio, poi la primavera 2021 come vera insidia per i poltronisti attuali (nel senso che non ci sarebbero scusanti per rinviare le politiche). Ma a quel punto, a un passo dal semestre bianco vero e proprio, e con la prospettiva di eleggere in questo Parlamento il prossimo Presidente della Repubblica, in pochi avranno la tentazione di suicidarsi come deputati o senatori, con relativa perdita di stipendio e mutuo.

Allora, lo scenario più probabile – purtroppo – è quello di una legislatura destinata a proseguire. La rissa strisciante (solo messa in frigorifero) tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi, è destinata a dirci con quale formula: con la prosecuzione del Conte bis, se il premier riuscirà a raccattare senatori in grado di disinnescare la minaccia renziana; o con un altro governo, se a Renzi riuscirà (non ora, il primo assalto è fallito) di cambiare gli equilibri.

Politicamente parlando, tutto ciò è abbastanza sconfortante: prim’ancora che il proporzionale sia stato reintrodotto, siamo già alle logiche da proporzionale puro: con capitani di ventura che fanno valere le loro pattuglie parlamentari, senza alcun riguardo per i cittadini.

Ma levare grida di dolore serve a poco. Quel che serve – e qui anche le massime istituzioni della Repubblica non possono stare a guardare – è far leva su un annunciato tracollo economico, che sconsiglia vivamente di trascinare le cose. I primi segnali? Quarto trimestre del 2019 chiuso a meno 0,3%; Fitch che abbassa la previsione di crescita per l’Italia per il 2020 a uno striminzito +0,2%; la stessa Ue che ci ridimensiona a una crescita del +0,3% (maglia nera europea); e infine il colpo pesante subito dalla produzione industriale. Non c’è ragione per ritenere che il primo trimestre 2020 ci riservi dati confortanti: tra frenata tedesca ed effetto Coronavirus, la tendenza appare segnata. In Italia, la domanda interna già boccheggia: se accusa il colpo anche l’export, il segno meno non può che consolidarsi.

E allora? E allora servono politici – e istituzioni – che non si accontentino dell’aritmetica parlamentare, che non si limitino a constatare il giro della pallina nella roulette della Camera e del Senato. Una chiusura ordinata della legislatura – per quanto improbabile: ma c’è spazio per votare a fine giugno o a settembre – resta il modo migliore per costringere le forze politiche a focalizzarsi su risposte vere, e per dare all’Italia un governo che – bello o brutto che sia – abbia una qualche parentela con la volontà del corpo elettorale.

Tira un vento brutto per l’economia: non è saggio affrontarlo con un governo figlio di nessuno.

Daniele Capezzone 17 febbraio 2020

 

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