Giustizia

Alfredo Cospito si è condannato a morte (da solo)

La decisione della Cassazione e la volontà del detenuto di non alimentarsi. Nessun accanimento

Giustizia

Massimo rispetto per Alfredo Cospito, al netto di idee non condivisibili. Massimo rispetto perché se è vero che ha deciso di sospendere pure gli integratori dopo 120 giorni di sciopero della fame e sarà confermato il rifiuto di ogni alimentazione forzata, questo significa che è un uomo che alle sue idee (sballate) ci crede davvero al punto da lasciarsi morire. Però da qui a trasformarlo un “martire” ce ne passa.

I suoi avvocati, dopo la sentenza della Cassazione che ha respinto il ricorso dell’anarchico e ne ha confermato il regime del 41bis, parlano di “condanna a morte”. Ed è una scemenza. Come è una sciocchezza quella professata da Luigi Manconi, ex senatore e presidente dell’associazione “A buon diritto”, secondo cui il verdetto della Suprema Corte sarebbe stato una “sentenza politica” che “risente del clima artatamente creato dal governo che ha voluto inventare un nemico, ovvero il pericolo anarchico”. Come una scempiaggine è quella sparata da Donatella Di Cesare, spesso ospite in tv, incapace di riconoscere l’indipendenza dei giudici supremi dal “governo post-fascista” che “usa il corpo di Cospito per esercitare il suo potere in modo ignominioso”.

Per approfondire

Di fronte ad una narrazione artefatta, in stile fake news sull'”aggressione fascista” di Firenze, occorre rimettere un po’ di ordine alle idee. Alfredo Cospito se ne sta in carcere a scontare una pena ventennale perché ha liberamente scelto di gambizzare un innocente e di commettere una lunga sequela di reati. È sottoposto al regime del 41 bis non perché Giorgia Meloni abbia voluto punire un avversario politico, ma per volontà dell’ex Guardiasigilli Marta Cartabia, ministro dell’intoccabile governo Draghi con il Pd in maggioranza, in quanto ritenuto in grado di orientare le azioni della galassia anarco-insurrezionalista (e i disordini delle ultime settimane lo hanno confermato). E rischia di morire non perché minacciato da chissà chi, ma perché ha scientemente intrapreso una battaglia “fisica” contro il carcere duro (peraltro per sé e per altri, cioè i mafiosi).

Infine, occorre anche ribadire che lo sciopero della fame non ha portato ai risultati sperati non perché l’esecutivo desideri liberarsene per sempre (e a ben vedere neppure in base al principio secondo cui lo Stato non dovrebbe cedere a un simile ricatto per non creare un precedente), ma banalmente perché i ricorsi presentati dagli avvocati hanno fatto un buco nell’acqua. L’istanza di revoca presentata a Carlo Nordio, e respinta dal ministro pochi giorni fa, aveva ricevuto il parere negativo di tutte le autorità giudiziarie che si sono espresse sul caso, dalla Procura nazionale antimafia, alla Dda di Torino, passando per la Procura generale del capoluogo piemontese. Lo stesso dicasi per la Corte di Cassazione ieri sera.

Insomma: se Alfredo Cospito oggi si sente “condannato a morte” deve dare la colpa solo a sé stesso. Per le scelte del passato, che l’hanno indotto a “godere” per la gambizzazione di un innocente. E per quelle attuali, che lo hanno portato allo sciopero della fame. Ieri ha perso la sua battaglia giudiziaria. Se non vuole morire, deve ricominciare a mangiare.

Giuseppe De Lorenzo, 25 febbraio 2023

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