Politica

Antifascismo tardivo e anticomunismo attuale

Ecco perchè un dibattito pubblico serio dovrebbe abbandonare definitivamente le etichette storiche

In tempi di dibattiti sempre più distanti dai problemi reali, si continua a chiedere a politici, intellettuali e cittadini di dichiararsi antifascisti.

È una domanda ontologicamente errata perché non si può essere antagonisti oggi di qualcosa cessato da oltre ottant’anni e relegato ormai a oggetto di studio.

L’antifascismo vero, nato come eroico (e rischioso) contrasto alla dittatura, ha avuto senso e dignità contro un regime effettivamente in atto. Oggi, in un’Italia repubblicana e democratica da generazioni, il fascismo sopravvive unicamente come memoria storica, non come minaccia concreta. Di conseguenza, non si può più essere antifascisti semplicemente perché manca l’oggetto della contrapposizione.

La domanda corretta, dunque, non sarebbe quella di dichiararsi antifascista fuori tempo massimo, ma, tutt’al più, di esprimere un giudizio storico sul fascismo che fu.

A tale quesito puramente accademico, una risposta chiara e di ferma condanna sarebbe non solo plausibile, ma doverosa: il fascismo ha privato l’Italia della libertà, ha soffocato ogni pluralismo, ha condotto il Paese verso il baratro della guerra e della rovina.

Pur riconoscendo che alcune iniziative di carattere sociale o infrastrutturale abbiano lasciato eredità positive, il bilancio finale non può che essere negativo. Sul punto, ogni risposta vaga o ambigua risulta inaccettabile, ma stiamo comunque parlando del passato, non del presente.

Colpisce, piuttosto, un’evidente asimmetria: nessuno si sente in dovere di chiedere ai politici di dichiararsi anticomunisti. Eppure il comunismo, a differenza del fascismo, non è affatto un fenomeno esaurito: in molte aree del mondo esistono ancora regimi comunisti (e le relative vittime) e non mancano, anche in Europa e in Italia, coloro che apertamente si richiamano a quell’ideologia. Questo, nonostante il comunismo, nella sua concreta applicazione storica, abbia prodotto tragedie di dimensioni ben più vaste e persistenti di quelle causate dal fascismo. Sul punto, però, gli “antifascisti senza fascismo” tacciono.

Questa disparità di trattamento, oltre a rivelare un evidente pregiudizio ideologico, tradisce la natura pretestuosa e strumentale della domanda sull’antifascismo.

Tanto premesso, un dibattito pubblico serio dovrebbe abbandonare definitivamente le etichette storiche e concentrarsi sulle idee, sui programmi, sui valori effettivamente professati oggi. Lo ha dimostrato plasticamente l’ultima campagna elettorale per il Parlamento nazionale: Giorgia Meloni l’ha incentrata su contenuti programmatici ed ha vinto; la sinistra si è concentrata sull’accusa di fascismo all’avversario e ha perso. L’antifascismo tardivo, quindi, diventa il rifugio controproducente di chi non sa parlare del presente. Sarebbe ora di cambiare temi di dibattito.

Giorgio Carta, 29 aprile 2025

Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).

Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it
la grande bugia verde

SEDUTE SATIRICHE