Politica

Verso il voto

Astenuti, 10 motivi per cui sono il primo “partito” - Seconda parte

Negli ultimi anni si è registrato un costante declino della partecipazione elettorale. Le ragioni sono molteplici…

6. Abbiamo un partito, il Pd, che da quindici anni non vince una tornata elettorale e che partecipa regolarmente a tutti i governi di “salvezza nazionale”, esprimendo spesso il presidente del Consiglio, nel nome del suo segretario di partito, salvo poi cacciarlo (nel 2014, Enrico Letta) e salvo poi richiamarlo dall’esilio dorato di Parigi.

7. Abbiamo sistemi elettorali tutti difformi: in ciascun livello di rappresentanza istituzionale ci sono regole diverse, che rendono difficile se non impossibile fare dei confronti nel tempo, se non a specialisti della materia, chiamati a spiegare il voto a quelli che lo hanno esercitato. Una bella dose di straniamento democratico per chi pensa di partecipare.

8. All’elettore è inibita la scelta diretta dei ruoli istituzionali più importanti: non si vota né per il Presidente della Repubblica, né per il premier. Ogni atto elettorale viene rigorosamente vagliato e digerito dalle segreterie di partito, o dai circoli magici che sono nati attorno ai personalismi che hanno sostituito il cursus honorum di chi fa politica.

9. Il personalismo è diventato paradossale: non solo impedisce la selezione della classe dirigente, ma rende impossibile condizionare i processi di confronto democratico dentro i partiti e dentro le Istituzioni. Attenzione: il personalismo non è più collegato al carisma personale; ma è diventato un vero mostro ingestibile: ogni soggetto che acquisisce potere è sottratto al confronto reale. I congressi dei partiti sono un ricordo della preistoria.

10. La confusione dei ruoli istituzionali rende lo spettacolo della politica sempre più incomprensibile. Ci sono ministri che si sorprendono dell’aumento della benzina, pur avendo competenze energetiche; ci sono ministri che assumono iniziative senza averne delega e mandato: il ministro per i Rapporti con il Parlamento perché deve occuparsi dell’astensionismo?

L’elenco potrebbe allungarsi oltre il decalogo. Ma basta per ritenere che il problema non sia perché tanti italiani non vanno più a votare; ma perché continuano a farlo, nonostante la distanza siderale tra democrazia proclamata e democrazia praticata. Forse personaggi come Bassanini e Blangiardo avrebbero potuto non essere disturbati, o piuttosto avrebbero dovuto essere applicati a trovare risposta a questa domanda: perché gli italiani continuano ad andare a votare?

Antonio Mastrapasqua, 20 aprile 2022

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