Politica

Le esequie laiche

Berlusconi-Napolitano, “migliaia” contro “decine”: tutta la differenza ai funerali

Le esequie dell’ex presidente della Repubblica e i maxischermi popolati da anziani e curiosi. Non c’è da sorprendersi

Funerali Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi

Lo Stato se deve tumularsi per sopravvivere fa le cose in grande. È morto un “padre della patria”, non quella del 1848, del ‘61 o del 1945, quella degli anni Duemila quando la patria non c’era già più; è morto un quasi centenario, passato dal sovietismo critico all’atlantismo all’eurocomunismo all’eurocrazia a tout prix, è morto Giorgio Napolitano che diceva: “C’è una sola sovranità a cui rispondere ed è la sovranità europea”; e per frasi e comportamenti del genere, al limite dell’eversivo, si mobilitano le prefiche di regime, una settimana di celebrazioni martellanti, gli appellativi più spericolati e scontati, da padre della patria a salvatore del Paese passando per l’obbligatorio “visionario”, che nessuno ha mai capito cosa voglia dire ma va bene su tutto e per tutti, si attrezzano i funerali di Stato, la banda che strombazza l’inno nazionale, la commozione gonfiata, in diretta televisiva, la partecipazione dei presidenti di Francia e di Germania come li ha voluti Mattarella, il successore, in segno di ossequio e sottomissione alla sovranità europea. E questa sarebbe ancora una patria in cerca di eroi e di salvatori? A noi sembra più il funerale del Paese Italia, celebrato al completo dal sistema di potere che non cambia e, esequie dopo esequie, torna al passato per bloccare il futuro.

Ma cosa è mai questa nostalgia, questo sgomento per un centenario del quale molto si consegna all’oblio, forse anche per carità di patria, e poco si ricorda e per ricordarlo tocca esaltare, esagerare? Impotenza, rassegnazione? O la mesta ammissione, tacita ma non meno drammatica, che in fondo si stava meglio prima? Per dire prima che tutto andasse per aria, con la finta rivoluzione di Mani Pulite che sostituiva, o almeno ci provava, partiti a partiti, con la eterna magistratura referente e deferente, ma all’occorrenza ricattatoria, verso Stato chiuso, cresciuto su se stesso, a dispetto delle forze vive del Paese. Comunque prima della svolta europea, della “sola sovranità possibile” cui rendere conto, chissà poi perché. Da questa sovranità anomala e da nessuno votata non sono calate solo conseguenze disastrose nel passato, discendono effetti e situazioni catastrofiche nell’oggi, proiettate su un futuro immediato che appare sempre meno possibile, sempre meno vivibile se non interverrà una sconosciuta provvidenza a scongiurare il delirio in marcia. È questo che si voleva dire con gli eurofunerali del vecchio comunista migliorista?

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La politica al completo, impettita e indifferente, corpo estraneo che si stringe e si compiace, ma alla società, al Paese, al popolo se vogliamo scomodare una terminologia novecentesca, di queste liturgie non gliene frega niente. Se lo lascia scappare anche l’AGI in un resoconto di involontaria sincerità: “Decine di persone in rigoroso silenzio davanti al maxischermo allestito in piazza Montecitorio assistono alla cerimonia funebre laica del presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano. Molti sono anziani e hanno condiviso con Napolitano gran parte della storia d’Italia del dopoguerra. Non mancano comunque giovani e curiosi, soprattutto stranieri, che si trovano a condividere con gli italiani un momento importante della storia del nostro Paese. Sul maxischermo il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, illustra la storia politica di Napolitano, con la cui morte, dice Fontana, ‘scompare una figura di altissima levatura politica, un esempio straordinario di servitore dello Stato’. Quando il presidente invita i presenti alla cerimonia di Montecitorio a osservare un minuto di silenzio per Giorgio Napolitano, anche nella piazza antistante il Parlamento non vola una mosca. Solo qualche ‘cicalinò delle forze dell’ordine ogni tanto rompe il silenzio. Oggi è un giorno di lutto”.

Lo stile è quello, immutabile e volendo ridicolo, del regime che celebra se stesso, si potrebbe dire da Cinegiornale Luce ma neppure Mussolini inventò niente e se non fosse passata da lui l’agiografia del potere ci sarebbe stata tale e quale perché è la medesima in ogni tempo e sotto ogni cielo. Piuttosto sono i dettagli a contare: i molti anziani, i curiosi, e va bene, ma le “decine di persone” per un presunto padre della patria, uno che avrebbe salvato il Paese da chissà quali conseguenze sono la nuda, brutale conferma della sostanziale indifferenza del Paese stesso; in un’epoca in cui i funerali sono di per sé spettacolo e li si partecipa per istinto, per vanità, per opportunismo, per noia.

Ai funerali di Berlusconi, tre mesi fa, i partecipanti non furono “decine” ma decine di migliaia e questo si spiega solo in parte con la natura eccentrica e polimorfa del personaggio, cui la dimensione politica, che pure aveva praticato da protagonista per l’intera seconda parte della sua vita, e fino all’ultimo, non poteva non restare stretta. Più in generale, i funerali dei vip, e oggi ci vuol poco a diventarlo, sono sempre processioni di curiosi e di esibizionisti, magari anche con punte di cordoglio sincero. Migliaia a quelli di Costanzo, di Vialli, ma anche se se ne va un rapper, un influencer, un criminale: e poche decine, di vecchi per lo più, a quelli del novantottenne Napolitano, che il New York Times chiamava “Re Giorgio” e uno può vederci quello che vuole, l’ammirazione, il disprezzo, la denuncia, comunque la sorpresa per un presidente che, nel nome della sovranità extranazionale, forzò all’inverosimile le sue prerogative. E per cosa, poi?

Max Del Papa, 26 settembre 2023

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