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Blitz del Mossad: cade uno dei “ceo” di Al Quaeda

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Per un giornalista seguire le vicende di politica internazionale è un compito arduo, quando poi dalla politica internazionale, e in Medioriente la cosa è quasi automatica, si passa a questioni di intelligence, dall’arduo si finisce nel “quasi impossibile”.

Sì, perché quando si deve raccontare ciò che fanno e come operano gli agenti infiltrati che svolgono le guerre silenziose sotto mentite spoglie, e per capire ciò che succede nel mare nostrum della disinformazione, serve infinita pazienza e tanta esperienza.

Il professore libanese di storia (!)

Per esempio, quando è filtrata fra le maglie della censura iraniana la notizia che il 7 agosto scorso un cittadino libanese e la figlia erano stati uccisi a Teheran, in mezzo alla strada, e a colpi d’arma da fuoco, era oggettivamente difficile credere alla versione ufficiale del governo iraniano secondo la quale la vittima era un professore di storia di cittadinanza libanese.

Quando poi si è capito, perché i particolari di quello che succede a Teheran e dintorni arrivano sempre con ritardo, ma prima o poi arrivano, che l’agguato era stato portato a termine con il classico modus operandi dei motociclisti che arrivano, sparano e si dileguano nel traffico cittadino, la storiella del professore di storia è decaduta completamente e si è fatta strada l’ipotesi che a cadere sotto i colpi dei centauri pistoleri fosse qualche generale di Hezbollah in licenza premio o di stanza nella capitale iraniana come ufficiale di collegamento fra i pasdaran e la milizia sciita che si è impadronita di mezzo Libano.

Colpo di scena

Poi, come nei migliori thriller, il colpo di scena. E se le fonti della “Signora in grigio” sono esatte, tutte le ipotesi fino ad oggi prese in considerazione saltano perché a cadere sotto il fuoco dei killer sconosciuti sarebbe stato uno dei più alti dirigenti di al Qaeda, Abdullah Ahmed Abdullah.

Alle 20:47 del 7 agosto 2020 la coppia, Abdullah Ahmed Abdullah e la figlia, si spostano in macchina in una zona periferica della città, non si sa, e probabilmente mai si saprà, da dove erano usciti e dove si stavano dirigendo, quando, a un semaforo rosso, la macchina sulla quale stanno viaggiando viene affiancata da una motocicletta di grossa cilindrata con due uomini a bordo. Il passeggero estrae una pistola automatica con silenziatore e fa fuoco colpendo ripetutamente i due bersagli. C’è chi dice cinque colpi, chi invece dice che le revolverate sono state sei, in ogni caso quando la polizia di Teheran si mette in moto i due sicari sono già lontani dalla scena del crimine.

A quel punto alle autorità iraniane non rimane che coprire il tutto dichiarando che le vittime sono il professor Habib Daoud, esperto di storia, e la figlia Myriam.

Queste prime dichiarazioni sono poi corroborate da informazioni che arrivano dal Libano, secondo le quali il professore appartiene al Partito di Dio anche se in realtà il suo nome non figura, e non è mai figurato, su nessuna lista dei servizi segreti occidentali, Cia, MI6 e naturalmente Mossad, che tengono costantemente sotto la lente di ingrandimento Hassan Nasrallah e i suoi.

E se il soggetto non aveva mai attirato l’attenzione su di sé, come poteva Habib Daoud essere un elemento di spicco così importante da venire addirittura inviato a Teheran? E soprattutto: perché mai i servizi di intelligence israeliani avrebbero avviato una rischiosa operazione di eliminazione per un elemento semisconosciuto? Qualcosa, fin dall’inizio non quadrava.

Sempre secondo il Nyt, a portare a termine l’operazione sarebbero stati agenti israeliani per conto degli Usa, e anche su questo particolare c’è molto da riflettere.

Il Mossad prende ordini da Gerusalemme, non da Washington, e per chiudere i conti con Abdullah Ahmed Abdullah, uno dei nomi più importanti nella lista dei ‘morti che camminano’ in mano agli stessi Servizi Segreti, non serviva certo l’invito della Casa Bianca.

In passato sono stati usati agenti in moto per colpire scienziati e tecnici nucleari, ed è dato quasi per certo che spesso gli infiltrati si sono serviti di elementi locali, probabilmente membri dell’opposizione, che in questo caso avrebbero offerto il loro ausilio per abbattere un obiettivo di alto valore che con la sua presenza certificata in Iran poteva mettere Teheran in grave imbarazzo nei confronti del mondo intero, o, per lo meno, davanti a quella parte di mondo che ha ancora un minimo di onestà intellettuale.

Chi era Abdullah Ahmed Abdullah?

Ma chi era Abdullah Ahmed Abdullah, e soprattutto, come è finito su quella lista di ricercati vivi o morti… meglio morti? Abdullah, nome di battaglia era al secolo Abu Mohammed al Masri, egiziano di 58 anni e da diverso tempo era ai vertici di al Qaeda.

Secondo la Cia era stato lui il responsabile dell’organizzazione degli attentati simultanei del 7 agosto 1998 contro le ambasciate statunitensi in Kenya e in Tanzania, ma il suo ingresso nella lista degli eliminabili del Mossad, era dovuto al fatto che proprio lui aveva pianificato gli attentati del 2002 contro l’Hotel Paradise di Mombasa in Kenya, di proprietà israeliana e contro un aereo della compagnia aerea Arkia in decollo da Nairobi per Tel Aviv,

Contro l’aereo furono lanciati due razzi Strela, di fabbricazione russa, che non colpirono l’obbiettivo soltanto perché l’aeromobile era, probabilmente perché conferma non ci fu mai, equipaggiato con il sistema antimissile C-MUSIC che deviò i razzi, facendoli impazzire. Razzi che poi esplosero senza recare danno all’aereo che continuò il suo volo fino a destinazione.

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