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Brexit: chi ha detto no a Hitler, può dire no a Junker

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Pagare 39 miliardi di sterline per avere il privilegio di cedere l’Irlanda del Nord alla Ue. Basta enunciare il principio di fondo che lo ispira per comprendere quanto il deal sulla Brexit fra Uk e Ue sia bizzarro e poco realistico. I negoziatori Ue, capeggiati da un francese, hanno fatto leva sulla debolezza politica e la confusione strategica di Theresa May – reduce da una prova elettorale pareggiata a stento – per imporre ai britannici un accordo svantaggioso e – nelle intenzioni – punitivo. Ma chi ha detto di no ai diktat di Hitler è difficile dica di sì alle direttive di Juncker.

L’obiettivo era probabilmente quello di affermare il principio “extra Ue nulla salus” e dare un severo monito a quanti, a Est o a Sud, immaginano di seguire l’esempio britannico. La realtà è che il danno maggiore alla fine tocca all’Europa. Da un lato il groviglio di norme che rendono un incubo l’exit britannico dimostra che il club europeo si fonda sulla forza cogente dei regolamenti più che su una libera volontà politica. Dall’altro lato l’idea di asfaltare un pilastro dell’Anglosfera (special relationship con gli Usa, Commonwealth), settima potenza economica nel mondo, dotata di armi nucleari e di seggio al Consiglio di sicurezza non sembra un colpo di genio strategico. In una trattativa è sbagliato stroncare la controparte – neppure quando è un nemico (vedi Versailles 1919), figurarsi se si tratta di un amico e cugino.

Le sbandate politiche di Bruxelles non sono però una novità. Anzi negli ultimi anni sono diventate una costante. Le ondate di migranti nel Mediterraneo e nei Balcani hanno una base demografica che però gravi errori politici hanno infiammato: la distruzione dell’ordine (dittatoriale) in Libia, l’attacco alla Siria, la presa ancora coloniale sull’(ex) Africa francese che ne drena le risorse minerarie riducendo i popoli alla fame e alla disperazione. Il primato dell’export praticato e imposto dalla Germania all’eurozona ha portato a un allineamento di fatto con la Cina e alla divergenza dagli Stati Uniti – una rottura della tradizione occidentale che non ha finito di rilasciare i suoi venefici effetti. Non ci si è accorti, presi da un’autostima non si sa se più arrogante o vanitosa, che la maggiore area economica del pianeta, se fa enormi avanzi commerciali per dieci anni di fila, vede crollare negli altri Stati il proprio gradimento e prestigio.

Si pensava di costruire una grande Unione basandosi solo su economia e diritto. Oggi si scopre che senza la politica, che si voleva lasciare ai margini, la rotta è smarrita.

Antonio Pilati, 17 gennaio 2019

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