No, Mattarella non è stato super partes

Prese di posizioni chiare, nette, ideologicamente orientate a sinistra nei tre momenti più delicati della legislatura

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No, Sergio Mattarella non è stato un Presidente della Repubblica super partes.

Non solo la biografia politica del Capo dello Stato uscente parla chiaro – due volte ministro della difesa, prima nel governo D’Alema II e poi nell’esecutivo Amato II, e tessera del Pd dal 2007 al 2009 – ma il suo settenario è stato caratterizzato da prese di posizioni chiare, nette, ideologicamente orientate a sinistra nei tre momenti più delicati della legislatura: il “caso Savona”, la nascita del governo giallorosso e la gestione della crisi pandemica.

1. Durante la formazione del governo gialloverde, il presidente uscente pose il veto al nome di Paolo Savona come ministro dell’Economia, causa le sue posizioni euroscettiche che avrebbero potuto provocare reazioni avverse dei mercati finanziari.

Indipendentemente dalle opinioni su Unione Europea e moneta unica, la posizione del Capo di Stato fu oggetto anche di dubbi costituzionali. Secondo l’orientamento giuridico prevalente, il potere di nomina dei Ministri è inteso come attribuzione sostanziale del Presidente del Consiglio incaricato. Sicuramente, la volontà del Presidente della Repubblica non deve essere integralmente subordinata alle scelte del futuro capo di governo, ma è anche vero che la nomina di Savona a ministro dell’Economia avrebbe rispecchiato perfettamente il voto elettorale degli italiani. Pochi mesi prima, infatti, le forze politiche uscenti vincitrici dall’incontro elettorale del 4 marzo 2018 furono proprio Lega e Movimento 5 Stelle, i movimenti a caratteri più euroscettici e sovranisti nel panorama politico italiano.

Insomma, l’idea è parsa quella di indirizzare l’orientamento politico-economico non solo del governo gialloverde, ma anche dell’intera neonata legislatura verso posizioni europeiste. È possibile, quindi, che il Capo di Stato possa incidere in modo così decisivo, tanto da poter stravolgere ab origine le posizioni economiche di un governo?

2. Seppur fuori di dubbio la legittimità costituzionale del passaggio dall’esecutivo Conte I al Conte II, ciò che lascia perplessi, ancora oggi, è stata la decisione di non sciogliere anticipatamente le Camere e tornare alle urne. Sul punto, un’illuminata giurisprudenza ha più volte affermato che, nell’ipotesi in cui vi siano i numeri per la formazione di un nuovo governo, ma che quest’ultimo porti ad uno stravolgimento del voto degli elettori – banalmente, nell’ipotesi in cui il nuovo esecutivo non rispecchi più il sentimento maggioritario del Paese – ecco che la soluzione sarebbe proprio quella dello scioglimento anticipato delle Camere e, nel caso concreto, saremmo stati di fronte ad una vittoria elettorale schiacciante del centro destra, con una Lega che stazionava ben oltre il 30 per cento.

3. A partire dall’inizio dell’emergenza pandemica, il Presidente della Repubblica ha avallato qualsiasi decisione dei due governi che si sono succeduti. Dalla subordinazione del potere legislativo mediante i dpcm, passando per i continui lockdown, arrivando all’introduzione di misure restrittive come il Green Pass obbligatorio o l’obbligo vaccinale over 50, il Capo dello Stato non è mai intervenuto su questioni che hanno suscitato non pochi dubbi di legittimità costituzionale.

Per esempio, circa l’obbligo vaccinale, la Corte costituzionale – partendo dalla sentenza n. 258/1994 fino ad arrivare alla n. 5/2018 – ha affermato che “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”; “se vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato”; “se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato”.

Inoltre, la Corte ha più volte rimandato al bilanciamento tra “la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite” ed all’equo contemperamento tra libertà individuale e principio di solidarietà. Quindi, in conclusione, possiamo accertare con fermezza che il vaccino anti-Covid, seppur strumento decisivo ed essenziale nella lotta alla pandemia, possa “non incidere negativamente” o con scarsa entità “sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato”? E ancora, come può essere garantita la libertà individuale se un non vaccinato viene privato del suo stipendio, del suo lavoro e della sua libertà personale, di fatto violando l’art. 3 Cost., secondo cui “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”?

Non solo, il Presidente Mattarella, nel discorso pronunciato per gli auguri natalizi, ha parlato di “chiarezza, lealtà e responsabilità” dinanzi “alle asprezze della pandemia, spazzando via il tempo delle finzioni, delle distrazioni”. Insomma, potremmo dire qualsiasi cosa, ma non che i nostri politics maker siano stati esempio di “chiarezza, lealtà e responsabilità”. Dagli involtini primavera in tv al memorabile hashtag AbbracciaUnCinese, dal balletto sul vaccino AstraZeneca al Green Pass come strumento che offre “la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose”, come affermò il premier Draghi, la confusione creata – talvolta tradottasi in inganno – è stata all’ordine del giorno.

Giocare come arbitro per qualsiasi figura di caratura e prestigio politico, come lo è stata indubbiamente quella di Sergio Mattarella, non è assolutamente facile; ma almeno, cari giornali, risparmiateci la formula del “Presidente di tutti” solo perché di sinistra…

 

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