Caro bollette, il maxi piano inglese che fa impallidire l’Europa

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Vi ricordate le catastrofistiche previsioni, in cui erano specializzati i media di sinistra, sul rapido tracollo della Gran Bretagna dopo la Brexit? Erano più o meno come quelle odierne sulla probabile vittoria del centrodestra alle elezioni di domenica prossima. Quel che è sicuro sulle prime è che non solo le catastrofi annunciate non si sono verificate, ma che oggi i sudditi di sua maestà Carlo stanno affrontando la crisi energetica che incombe su tutta l’Europa con una marcia formidabile. Il loro piglio è così rapido e deciso da far impallidire una Unione Europea completamente nel pallone.

Mentre fra Bruxelles e Strasburgo si discute a vuoto di price cap, “tetti”, sanzioni, e mentre come al solito ogni Paese cura i suoi soli interessi nazionali in barba all’ ipocritamente decantato solidarismo paneuropeo, il governo di Liz Truss, appena insediato, annuncia un maxipiano contro il “caro energia” che ha già messo sul tavolo più di 250 miliardi. Tutti i dettagli li conosceremo solo domani, ma intanto è stato anticipato che sarà lo Stato a coprire per i prossimi sei mesi il 50% del costo delle bollette delle imprese. Inoltre, il costo di elettricità e gas all’ingrosso sarà dimezzato anche per gli enti caritatevoli, gli ospedali e le scuole. “Ci siamo mossi per impedire che le imprese collassino, proteggere l’occupazione e frenare l’inflazione”, ha detto il cancelliere dello Scacchiere, Kwasi Kwarteng.

Perché la Gran Bretagna possa oggi fare questo è presto detto: da una parte, essa non è imbrigliata da regolamenti e immobilismi di un governo europeo centralizzato, e per ciò stesso autoritario  (e che solo per questo non si potrebbe permettere di dare con facilità lezioni all’Ungheria); dall’altra, la cultura liberale ancora forte e la presenza dei conservatori al potere sono elementi che permettono ai britannici di far leva sulle aziende che creano ricchezza e non puntare solo su sussidi a pioggia per tutti indistintamente. Senza contare che la Gran Bretagna può ora guardare di nuovo a quel mare aperto che ne ha fatto nei secoli la forza e che la rende particolarmente pronta, ancora una volta nella storia, a intrecciare rapporti con il mondo intero e a non rinchiudersi nella comfort zone di un continente in declino come l’Europa. I funerali della regina Elisabetta, con la presenza di potenti provenienti da ogni parte del globo, hanno quasi sancito simbolicamente questo ritrovato ruolo.

Certo, l’Italia, per debolezza strutturale e debito pubblico stellare (unito alla scarsa crescita), non può permettersi una terapia choc come quella adottata oltre Manica. Ma non può permettersi nemmeno di dormire in attesa della solidarietà da parte di Paesi come la Francia e la Germania che saranno pure nostri “storici alleati” ma che non esitano un attimo a fare i propri interessi a nostro scapito in situazioni difficili come questa. In particolare, con Parigi che ha annunciato lo stop alle sue forniture di elettricità verso il nostro Paese e con Berlino che riesce a pagare a Gazprom un terzo di quanto paghiamo noi per le forniture di gas.

Perché quello che è permesso a loro non è permesso a noi? È vero che non ci possiamo permettere un Italexit, ma se a Bruxelles c’è un “rompi le fila” perché solo noi dobbiamo far finta di credere nella favoletta dell’europeismo e stare immobili in attesa di n Godot che non arriverà mai? Perché non agire in autonomia, senza aspettare immobili la manna dal cielo?  Una cosa è certa: se arriverà, arriverà tardi e ci costerà cara.

Corrado Ocone, 22 settembre 2022

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