La posta dei lettori

Caro Porro, la penso sempre come te. Ma stavolta sulle banche sbagli

© Lukas e Victorburnside tramite Canva.com

Buongiorno Nicola,

Sono un tuo storico fan, ti seguo sempre con estrema attenzione ed ho avuto il piacere di incontrarti ad un evento organizzato in occasione della Milanesiana di qualche anno fa. Mi scuso in anticipo per il ‘tu’, ma poiché trovi sempre spazio nelle mie giornate (tra Instagram e Rete4) non riesco a non considerarti in qualche modo un mio amico. Spero ciò possa essere accettato con piacere.

In questi anni, penso di essere stato a tuo fianco in ogni grande battaglia. Dalla flat tax al green pass, dalla riduzione degli incentivi pubblici sulle rette accademiche alla ZTL, dai bonus edilizi alla riforma della magistratura, dall’immigrazione alla cancel culture. Penso che le tue opinioni siano davvero una rarità nel panorama giornalistico ed oserei dire persino politico. Le tue idee hanno certamente avuto un ruolo importante nella mia formazione universitaria, pertanto te ne sono grato.

Rispetto a te, mi ritengo leggermente più affine al panorama conservatore (mi oppongo alla legalizzazione della marijuana in quanto ne intravedo rischi in termini di maggior presenza mafiosa su mercati di beni/droghe sostituti e ben più dannosi; e similmente – benché nutro stima per il professore, tuo maestro – non nutro apprezzamento verso la legge Martino, la quale reputo abbia indebolito la forza in politica estera della nostra nazione).

Ci tenevo a mostrarti la mia diversa visione sul tema della ‘tassa sugli extra-profitti bancari’. Differentemente da te, non la reputo una legge socialisteggiante. Desidero spiegarti brevemente il mio punto di vista, benché formatosi in uno spazio di tempo ancor breve, quindi ben disposto a rivalutazioni.

In periodi di politica monetaria restrittiva, penso che le banche non dovrebbero aver troppa discrezione sul margine di interesse. Nello specifico, lo scopo di tali politiche è meritevole (abbattere l’inflazione, vero nemico dei liberali). Uno dei meccanismi con cui la lotta all’inflazione si realizza è rendere più attrattivi i titoli piuttosto del denaro. Ciò spinge i consumatori ad abbandonare il mercato dei beni per spingersi su maggiori investimenti, e la difficoltà della banca centrale sta appunto nel trovare l’equilibrio tra quanto agevolare la ripresa economica (dunque quanta inflazione sopportare) e quanto limitare tale crescita (per diminuire la ‘tassa implicita’ consistente nell’inflazione).

Ora, i conti correnti non sono né una forma di investimento vero e proprio, né di moneta vera e propria: diciamo che sono nel mezzo – aumentano la liquidità a disposizione per le banche ma, a richiesta, sono una forma di liquidità per i risparmiatori. Quel che è certo, è che più tempo i soldi rimangono sul conto, più dovrebbero fruttare (benché i tassi siano minimi). La mia tesi è che se l’intento della banca centrale è quello di ridurre l’inflazione, allora le banche dovrebbero essere costrette contestualmente a rivedere a rialzo i tassi di interesse attivi sui conti correnti. Questo, infatti, incentiverebbe il mantenimento di fondi sui conti correnti e potrebbe avere benefici nella lotta all’inflazione. Pertanto, qualora le banche non rivedessero a rialzo tali tassi (che sono difficilmente negoziabili, considerato inoltre che il guadagno netto per il correntista che cambia banca potrebbe essere minimo), allora una tassa sugli extra-profitti potrebbe essere l’unico strumento utile per 1) incentivare la regolazione dei tassi e 2) sostenere i privati maggiormente colpiti dall’inflazione (la quale vede appunto nella non-regolazione dei tassi attivi una fattore incentivante).

Convengo invece con te sul fatto che la retroattività fiscale sia scorretta e inefficiente in termini di effetti sui mercati finanziari. Sono però meno pessimista sull’eventualità che l’introduzione di tale tassa depauperi i risparmi degli italiani (portando dunque ad una perdita netta). Infatti, chi ha venduto le azioni ieri sarà con ogni probabilità stato o un investitore istituzionale (che sa anche come e quando conviene reinvestire con guadagno) o dei privati poco accorti (di quelli che alla prima notizia si spaventano e scappano). Nel primo caso, non mi preoccuperei perché gli investitori istituzionali sanno benissimo come riorganizzarsi e reinvestire in Italia profittevolmente, nel secondo caso la perdita è solo responsabilità dei privati che corrono a disinvestire alla prima notizia negativa. Pertanto, son certo che, per quella maggior parte di risparmiatori che è invece rimasta azionista delle banche, l’effetto negativo di ieri si compenserà nel giro di pochissimi giorni.

Spero di aver dato un punto di vista utile, il quale possa suscitare una tua risposta nel merito. Attendo con la solita attenzione le prossime Zuppe, e colgo l’occasione per invitarti al ristorante della mia famiglia (che ti stima a pari di quanto ti stimo io): il locale si chiama Hambroeus, lo trovi in Piazza Cinque Giornate a Milano.

Un carissimo saluto,
Augh!!

Andrea Stievano

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