Politiche green

Esclusivo

“Case green, battuta l’ideologia: vi spiego cosa cambia per gli italiani”

Isabella Tovaglieri, componente della commissione Industria e Energia del Parlamento europeo, sull’accordo saltato a Bruxelles

case green unione europea

Da Bruxelles giungono buone nuove per i cittadini italiani ed europei. Durante la riunione fiume del trilogo, andata in scena qualche sera fa, è infatti saltato l’accordo sul testo della direttiva case green approvato dal Parlamento europeo lo scorso marzo. Dopo mesi di trattative e tentativi andati a vuoto, si era a caccia della svolta definitiva, che tuttavia non è arrivata neppure in questa occasione. Molti punti, tra i più ideologicizzati del dossier, sono infatti stati affossati, anche grazie al lavoro del governo italiano e dei partiti a sostegno dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Tutto rinviato a dicembre, quindi, allorquando dovrebbero essere riaperti i negoziati per cercare di trovare un accordo definitivo, che comunque potrebbe sancire maggiori aperture e più flessibilità per i paesi membri.

Cosa accadrà dunque nelle prossime settimane? Su quali basi potrà essere raggiunto un accordo il più possibile improntato al buonsenso e in grado di disinnescare le molte insidie che si celano nel testo della direttiva? Ne abbiamo parlato con Isabella Tovaglieri, componente della commissione Industria e Energia del Parlamento europeo e relatrice ombra della direttiva case green per il gruppo Identità e Democrazia.

Onorevole Tovaglieri, grazie al lavoro del suo partito e del governo italiano la direttiva case green è uscita completamente ridimensionata dall’ultimo negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio europeo. Si può dire che a Bruxelles, almeno per una volta, il pragmatismo ha vinto sull’ideologia?
Assolutamente sì. Il risultato che abbiamo ottenuto è frutto di un lungo lavoro svolto inizialmente dalla Lega nella commissione Industria ed Energia, dove sono stata relatrice ombra del dossier per il gruppo Identità e Democrazia, poi nella plenaria di Strasburgo e infine dal governo di centrodestra nelle trattative del trilogo tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue. Nonostante l’immagine dipinta dalla sinistra, il governo italiano non solo ha saputo imporsi in un confronto che molti osservatori davano per perso, ma si è anche fatto portavoce delle preoccupazioni di molti altri esecutivi europei sulle conseguenze devastanti di questa direttiva, così come era stata concepita inizialmente, sulla nostra economia e sul nostro tessuto sociale.

Cosa cambia in termini pratici per le famiglie italiane dopo l’ottimo risultato conseguito nelle scorse ore in sede comunitaria?
Nel testo concordato ieri notte non c’è più l’obbligo per ogni edificio di raggiungere una determinata classe energetica in pochi anni, come, ad esempio, era in precedenza con l’obbligo di classe D entro il 2033. Questo significa che le famiglie italiane non dovranno più temere di dover pagare un’eco-patrimoniale di decine di migliaia di euro per riqualificare la propria abitazione in chiave green. Chi vorrà ristrutturare l’abitazione per ridurre l’inquinamento, per risparmiare sulle bollette o per rendere l’immobile più appetibile sul mercato, potrà naturalmente farlo, ma non ci sarà alcuna imposizione per chi, invece, non dovesse essere in grado di sostenere le ingenti spese necessarie all’efficientamento energetico degli edifici.

La partita non è tuttavia ancora chiusa. Le trattative saranno infatti riprese nel prossimo mese di dicembre per affrontare diverse questioni rimaste aperte e provare a raggiungere un accordo finale. Quali sono i punti della direttiva ancora da definire?
Il negoziato di ieri ha lasciato alcuni importanti nodi irrisolti. Parliamo delle sanzioni, dei target e degli step vincolanti per la riduzione dei consumi energetici degli edifici, l’obbligo di installare i pannelli solari sugli edifici pubblici e non residenziali e alcune disposizioni in materia finanziaria. Si tratta di punti molto controversi che non hanno trovato una base di accordo nemmeno dopo molte ore di negoziato, e che si proverà a chiudere nel prossimo trilogo di dicembre. La Lega ha dato battaglia fin dal primo giorno contro gli estremismi green e le eurofollie, spesso predicando da sola nel deserto: bene che oggi anche altre forze politiche condividano questa battaglia a difesa degli italiani.

Lei ha già preannunciato i suoi propositi battaglieri in vista della riapertura dei negoziati. Quale linea seguirà il suo partito al tavolo delle trattative, e quali risultati vi auspicate di raggiungere?
L’obiettivo è cancellare dalla direttiva case green tutti i vincoli e le tempistiche incompatibili con la situazione del nostro patrimonio immobiliare. È giusto perseguire obiettivi di tutela ambientale e di riduzione dei consumi energetici, ma è necessario farlo in modo graduale, con incentivi e non con obblighi e sanzioni. Il punto fermo della prossima trattativa sarà quello che ha guidato la nostra battaglia fin qui: non può esserci sostenibilità ambientale senza quella economica e sociale. Il valore della casa degli italiani, frutto spesso dei sacrifici e del lavoro di una vita intera, non può essere ridotto a carta straccia soltanto perché “lo dice l’Europa”. Noi siamo pronti a continuare la battaglia, a tutti i livelli.

Le elezioni europee, in programma il prossimo mese di giugno, potrebbero ridisegnare completamente gli assetti delle istituzioni comunitarie. Quanto inciderà nell’economia della tornata elettorale l’esito finale del negoziato?
Avrà un peso non trascurabile. Se verrà confermato quello che potrebbe essere un accordo al ribasso, la maggioranza Ursula, già indebolita negli ultimi mesi, subirà l’ennesimo contraccolpo. Il negoziato della scorsa notte ha già mostrato la fragilità di questa sinistra europea, che prima tenta di forzare l’adozione di un’agenda green radicale e irrealizzabile, poi cede su tutta la linea quando si rende conto che i governi europei non sono affatto disposti a barattare gli interessi nazionali per una visione bucolica del mondo che non è possibile raggiungere per decreto. Il fronte dell’ambientalismo ideologico si è incrinato proprio sulle battaglie di bandiera della legislatura e questo dimostra che c’è spazio di manovra per portare a Bruxelles, nel 2024, una maggioranza diversa e più equilibrata, capace di rispondere alle sfide globali in modo più concreto, facendo i conti con la realtà delle cose. Più volte abbiamo dimostrato che in Ue un’altra maggioranza è possibile, con un centrodestra unito e compatto alternativo alla sinistra ideologica ed estremista. L’appuntamento del 2024 sarà fondamentale.

Salvatore Di Bartolo, 14 ottobre 2023

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