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Caso Armine: ormai è vietato anche essere brutti - Seconda parte

Non è neppure questione, al limite, di bellezza o di leggiadria: ci sono sempre state e sempre ci saranno donne asimmetriche ma seducenti, ammalianti, ci sono sempre stati personaggi riconoscibili, veramente brutti ma carismatici, da Frank Zappa a Keith Richards. C’è una poesia anche nel logoro, nel consunto, nella vita che si agita disperata nel brutto delle metropoli, nei suoi anfratti reconditi, negli abissi delle nostre paure. Ma pretendere, decidere che la mirabile Armine sia bella per decreto, per agenda politicamente corretta, semplicemente non ha senso: non la è, ed è nostro dovere notarlo. Senza infierire, ma anche senza trangugiare la vulgata dell’idiozia, imposta da logiche che nulla hanno a che vedere col senso e col buon senso.

Che la 23enne Armine, ossuta, cubista, sia tra le 100 donne più sexy al mondo, lo può dire solo chi ha qualche problema con la percezione della sensualità. Che “debba” fare la modella altrimenti è stupro morale, e vai col tango, Trump, i sovranisti, il metoo, il maschio bianco infame, è miseria intellettuale (difatti Gucci ci gioca, altro che se ci gioca). E se si accetta, da sempre, l’equazione, peraltro immotivata, “bella uguale oca”, si deve anche accettare che la bruttezza, almeno in senso canonico, non sia per ciò stesso fulgore. Se poi su Twitter legioni di bovini mandano i loro muggiti, questo fa parte, in un certo senso, del gioco, l’umanità bestiona non la raddrizzi; ma è pure l’effetto, scentrato quanto si vuole ma inevitabile, di una insofferenza montante per chi, in nome della bellezza che salva il mondo progressista, vuole imporre un mondo nuovo, del tutto distopico. Anzi, distorto.

Max Del Papa, 1° settembre 2020

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