No all’assoluzione, necessario un nuovo processo. Questo quanto deciso dai giudici della quinta sezione penale della Cassazione nei confronti di Fabio Manganaro, il carabiniere accusato di “misura di rigore non consentita dalla legge” per aver bendato Gabriel Natale Hjorth nella caserma di via in Selci dopo il fermo dei due americani per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso con undici coltellate nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019 nel centro di Roma.
Il ricorso contro la sentenza emessa lo scorso 26 aprile dalla prima Corte di Appello è stato presentato dagli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi, legali di parte civile di Hjorth, e non dalla Procura generale. In quell’occasione i giudici avevano assolto Manganaro perché “il fatto non costituisce reato”. Questo, all’epoca, il commento dell’avvocato del carabiniere, Roberto De Vita: “Questa sentenza deve essere letta e quando ci saranno le motivazioni dovrà essere approfondita dall’ex presidente del consiglio, Giuseppe Conte e dall’ex comandante dei carabinieri, il generale Giovanni Nistri che per primi ebbero a condannare, senza nemmeno approfondire e attendere gli esiti processuali, l’operato di un militare che in 25 anni di servizio ha onorato l’Arma. Questa sentenza ristabilisce quella fiducia verso la giustizia che le conclusioni del pm in primo grado e con la sentenza del giudice monocratico avevano fatto smarrire”.
In primo grado, invece, il giudice monocratico aveva condannato l’agente a due mesi, pena sospesa. Cosa accadrà ora? In seguito alla decisione dei supremi giudici, il carabiniere accusato di aver bendato Gabriel Natale Hjorth dovrà affrontare un appello bis davanti al Tribunale civile ai soli fini del risarcimento. Grande soddisfazione per gli avvocati dell’americano, Petrelli e Alonzi: “Esprimiamo apprezzamento per la decisione dei giudici della Cassazione che hanno accolto il nostro ricorso annullando una sentenza visibilmente errata in fatto e in diritto che aveva escluso la rilevanza penale di una gravissima condotta di abuso inaccettabile per uno stato di diritto“.
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Una sentenza, quella della Suprema Corte, destinata a fare discutere, come già accaduto negli ultimi casi. Lo scorso novembre è arrivata la sentenza definitiva per Lee Elder Finnegan, condannato a 15 anni e due mesi per l’omicidio. Il già citato Hjorth, invece, è stato condannato a 11 anni e 4 mesi, ma gli sono stati concessi gli arresti domiciliari a Fregene, in provincia di Roma, a casa della nonna. Una soluzione che ha comprensibilmente scatenato la rabbia dei cari di Cerciello Rega: anziché pagare la sua pena in cella, l’americano ha la possibilità di trascorrerla nella splendida cornice romana.
Altrettanto comprensibile la sfiducia della vedova del carabiniere, Rosamaria Esilio, che aveva reso noto il suo pensiero attraverso l’avvocato Massimo Ferrandino: “Lo sconcerto è tanto dopo la decisione della seconda Corte d’assise di Roma. Rosamaria è totalmente sconvolta dalla notizia che ha appreso. Come sua abitudine, non intende commentare, ma è pervasa da un profondo senso di sfiducia”. Un trattamento con i guanti, per usare un eufemismo, nei confronti di chi ha assassinato un valoroso servitore dello Stato con undici coltellate.
Franco Lodige, 9 gennaio 2025
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