La chiamano eterogenesi dei fini. Ed è uno smacco. L’antiberlusconismo era nato per opporsi al Caimano, per contrastare la sua ascesa, per combattere la rivoluzione culturale, politica e mediatica del Paese introdotta dal Cav, ma si è trasformato nel suo opposto. Per paradosso, più i suoi avversari politici e mediatici lo colpivano, più Silvio Berlusconi sembrava trarre forza dagli attacchi. Alla fine della fiera, fatta eccezione per l’unica condanna in sede penale e la cacciata dal Senato, che evidentemente lo fiaccarono, tutta la contrapposizione, l’esposizione mediatica, il guardonismo giornalistico hanno contribuito a renderlo grande, storico, eterno. Di sicuro non lo hanno abbattuto.
É la sintesi di 30 anni di opposizione per partito preso. Sei lustri di film, libri, settimanali, quotidiani interamente dediti al killeraggio dell’odiato nemico. L’ha ammesso pure Corrado Formigli: furono tempi di “giornalismo, di contestazioni, di polemiche e scontri”. Non tanto cronisti, quanto pattuglie schierate in missione per proteggere l’etica pubblica. Qualunque altro carismatico leader politico avrebbe accusato il colpo: è capitato a Matteo Renzi, caduto al primo errore; è successo a Matteo Salvini, incapace di gestire il consenso, gli scoop farlocchi su Mosca e via dicendo. Ma non a Berlusconi, che ha vinto, ha perso, ha vinto di nuovo, restando sulla cresta dell’onda e al governo più di tutti i suoi avversari.
Al contrario, l’ossessione di certa stampa per le sue cene eleganti, per le sue barzellette, per le sue corna nelle foto ufficiali, per quel suo essere “fuori dagli schemi”, ha contribuito a polarizzarne il giudizio della pubblica opinione. Alcuni hanno iniziato ad odiarlo, soprattutto in certi ambienti intelletuali, scolastici ed universitari (vedi il patetico ribellismo di Tomaso Montanari). Molti lo hanno idolatrato, difendendolo pure nel pieno di evidenti errori. Tutti gli altri, tantissimi, hanno finito col votarlo anche e a causa di quell’eccessiva attenzione ai dettagli privati anziché alla sostanza politica. Che saranno mai due battute ad Angela Merkel se poi abolisci l’Ici?
Per approfondire
- Perché è giusto il lutto nazionale per Berlusconi
- Odiano Berlusconi perché anticomunista
- Perché non ci sarà un altro Berlusconi
Alla fine si diventava un po’ berlusconiani per reazione, pur non condividendone a pieno gli ideali e i comportamenti. Meglio l’istrionico Silvio del noioso Prodi. Meglio il “meno tasse per tutti” del Visco di turno. Meglio la tv commerciale e la libertà di telecomando al monopolismo della Rai. Anche la vita privata, di certo non casta, in molti suscitava il sorriso dell’invidia scevro da ogni moralismo: nel suo lettone Silvio fa quel che gli pare.
Per chi andava a scuola in una città “rossa”, come chi scrive, Berlusconi doveva per forza essere il “corrotto”, il “mafioso”, “il Caimano”, e poi “il conflitto di interessi”, “le Olgettine”, “la tv spazzatura”, eccetera, eccetera, eccetera. O la pensavi così o eri un reietto. Il vero gesto rivoluzionario era osteggiare tutto questo astio “per partito preso”. Si diventava un po’ berlusconiani per non finire antiberlusconiani, per reagire a quella cultura dominante e astiosa con un gioioso gesto dell’ombrello. Odiarlo è sempre stato il miglior regalo che potessero fargli.
Giuseppe De Lorenzo, 14 giugno 2023