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Chi spunta nel risiko delle nomine

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Per il super prefetto Gianni De Gennaro, rimosso dalla carica di presidente di Leonardo-Finmeccanica senza neppure una telefonata, il lockdown lontano dal potere durerà poco. Per lui è pronta una poltrona che scotta: quella di presidente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (Anac), invenzione renziana del 2014, lasciata libera con nove mesi d’anticipo da Raffaele Cantone, dimessosi in polemica con il governo giallo-verde ed in concomitanza con il mercimonio di incarichi emerso nelle indagini sui componenti del Consiglio Superiore della Magistratura. Anche Cantone, se riesce a superare le difficoltà che gli frappone il gruppo che fa capo a Pier Camillo Davigo, è destinato ad un incarico di rango: quello di procuratore capo a Perugia, ufficio giudiziario strategico perché competente a indagare sull’operato dei magistrati romani.

Fu proprio da quell’ufficio, infatti, che il procuratore dell’epoca De Ficchy riuscì ad introdurre un “trojan” nel device del suo amato collega Luca Palamara, permettendo di svelare come anche i magistrati “tengono famiglia”. Dalle loro chat emerge che si comportano e utilizzano il lessico dei politici, quando ambiscono a una poltrona, o di un qualunque indagato, quando si tratta di procacciarsi le famose “utilità” come biglietti per lo stadio, viaggi, centri estetici.

Ma torniamo a De Gennaro, la vittima sacrificale dell’ultima girandola di nomine. Sembrava ci fosse unanimità di giudizio negativo sulla gestione di Leonardo sotto la guida di Alessandro Profumo, non essendo l’ex banchiere mai riuscito ad inserirsi nel mondo della difesa al punto da aver portato il più importante gruppo industriale italiano a partecipazione pubblica alla necessità, pare, di un aumento di capitale di almeno 5 miliardi di euro. Invece, con un blitz favorito dal Commissario Ue Paolo Gentiloni e dal Capo dello Stato, alla fine a rimanere a zonzo in Maremma con i suoi cavalli e motociclette è stato proprio De Gennaro.

Il disappunto di quest’ultimo è peraltro giunto immediatamente alle vigili orecchie di Giuseppe Conte che, opportunista com’è, ha capito al volo che non poteva lasciare fuori dal giro, per di più amareggiato, uno degli uomini più potenti d’Italia, ex sottosegretario di Palazzo Chigi del governo Monti nonché ex poliziotto che ha favorito e gestito il pentitismo mafioso assieme a Luciano Violante che, non a caso, proprio De Gennaro ha voluto alla presidenza della Fondazione Leonardo. Sulla gestione delle poltrone, Conte, ormai pensa in grande, Palazzo Chigi comincia ad andargli stretto e sogna, assieme al suo Casalino, Quirinale e Corazzieri in alta uniforme. Per De Gennaro ha pensato di ripescare l’Anac, visto che, proprio per Leonardo, era riuscito ad ottenere l’”anti-bribery management system”, lo standard internazionale utilizzato per la gestione della lotta alla corruzione.

Anche Mattarella è entusiasta, dispiaciuto per non aver potuto esaudire un vecchio sogno del superpoliziotto: lavorare come consigliere militare al fianco del Presidente della Repubblica, posto riservato, pare, solo a chi porta le stellette. Per il Quirinale nominare un prefetto a capo dell’Anac è anche un monito all’intero apparato della magistratura, dopo i veleni che stanno emergendo sui traffici del Csm. In queste ore, il Presidente si domanda se non sarebbe stato meglio sciogliere, sin dalle prime avvisaglie, l’intero organo di autogoverno dei giudici anziché limitarsi ad accettare qualche dimissione, favorendo così un clima di ricatti infiniti che rischiano di appannare ancora di più l’immagine della magistratura.

Nei calcoli di Conte, la mossa di piazzare De Gennaro all’Anac potrebbe anche tornare utile per riallacciare i rapporti con gli Stati Uniti dopo il brutto pasticcio del “Russiagate“. E si sa bene che “Giuseppi”, quando fa una gaffe e deve ripararla, diventa prono come un giunco: un uomo dai mille segreti come De Gennaro non si rottama in questo modo, soprattutto se il prossimo obiettivo del Premier è il Quirinale, nonostante boccheggi in questo clima di rissa politica che lui stesso alimenta. L’unico che può trarre beneficio da questo caos istituzionale ed economici è infatti solo Conte, fino a quando delle nuove sardine sociali affamate e furibonde (commercianti, baristi, negozianti, disoccupati) torneranno in piazza, buttando giù tutto in pochi giorni.

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