Cultura, tv e spettacoli

Chiara Ferragni e Fazio, una celebrazione sconcia

A Che tempo che fa zero domande e nessuna risposta. L’influencer fa la vittima, Fabio loda la presunzione di santità

Chiara Ferragni e Fabio Fazio Che tempo che fa

La prima reazione è una domanda: ma come fanno a seguire Che tempo che fa? De gustibus, d’accordo, ma dove sta il gusto in questa lagna militante, questa noia, questa mestizia ringhiosa, il conduttore con una vocetta di canonica, un alito di minestrone che ormai non usano più neanche i prevosti del secolo scorso ossessionati dal sesso, che alle penitenti in confessionale chiedevano solo quello.

Una sfilata di rivendicazioni, mute, strozzate, lacrimate, verbose, esibite, il migrante che ha fatto un libro militante con lo scriba militante – ahi, Meloni, nana bionda e fascista, è tutta colpa tua le morti in Mediterraneo! – sponsorizzato da papa Francesco, e qui la voce si impasta a livelli francamente comici. Il Cecchettin, rieccolo, col nastrino rosso, che ha fatto anche lui il libro e lo lancia, ahi Salvini, è tutta colpa tua i femminicidi e i patriarcati, come dice l’altra figlia, Elena. E il Giannini serial killer di giornali, chissà chi lo ha convinto di capire tutto, e finalmente la Chiara Ferragni, arrugginita, che ha paura di andare dal Ciambellano piddino e allora perché ci va? Per la stessa ragione del migrante e dell’elettricista Gino e tutti gli altri, anche Big Mama, la woke, ma mai quanto Fazio: costruirsi un futuro, una candidatura possibile per il partito armocromista sempre a caccia di icone; un ufficio facce.

E però l’intervista alla (im)prenditrice digitale, che ultimamente piange sempre “ma va bene così”, contenta lei, che è “una persona vera”, per dire all’occorrenza in ossa e ossa, non solo selfie e pandori, miraggi e polvere di stelle, ostentazione sbracata e incontrollata, beh, non è assorbibile, non è tollerabile. Ma davvero: che diavolo c’è da fare la ola per una che ha usato, e lo ha ammesso, sia pure di straforo, la beneficenza falsa per i bambini malati di cancro, per fare beneficenza, vera, a se stessa?

Perché le cose queste sono, il resto è pretesto, cinismo del quale i cuoricini dolci che invitano e osannano dovrebbero prendersi la responsabilità etica. Non basta cavarsela con la storia della fama, del personaggio, che colpaccio però: allora davvero tutto è praticabile e niente è diverso da niente, allora, facciamo per dire, per forzare il ragionamento, senza volere affatto insinuare paragoni infami e dementi, ma, dico, allora chiamate in collegamento qualche sgozzatore di Hamas del 7 ottobre. “Per sentire le sue ragioni”, come si diceva in quel film profetico di Verdone, “perdiamoci di vista”, sulla miserabile deriva televisiva. Già serve il pantoprazolo a vedere certi paraculi tracciare la morale, così gonfi d’odio, di spocchia, di ideologia: ma che c’è da capire, da pendere da quali labbra, indisponenti, improbabili tutti uno via l’altro?

Ma torniamo alla Bionda Salata, ora in salamoia: e che deve dì? Che deve rispondere a uno che in ogni parola, in ogni balbettio dà la netta impressione di non credere a una sola sillaba di quello che dice e che ascolta? Niente: Ferragni arrugginita è qui per tentare quello che non le riuscì la prima volta, un pentimento meglio recitato, lo strazio convincente, ma aggressivo il giusto, chissà le ore, i giorni di prove estenuanti con lo staff che consigliava, correggeva, limava. Che lagna, comunque. E che storia surreale. Con la sigletta, i filmatini epici, la claque – ma che cazzo fate? Gli strilletti a una che faceva la finta solidarietà e vende la qualunque a mille volte il suo prezzo? Fazio la tranquillizza, lui mica fa domande, lui si appella all’art. 21 della Costituzione, quello che più di qualsiasi altro si usa e abusa quando fa comodo. E la invita “ad essere sincera”, come no. Questa Avatar, che vive da quando era una ragazzina di finzione, e lo ammette, e lo rivendica, dovrebbe diventare sincera stasera, adesso? Dal Ciambellano calcolatore?

E fa la vittima. Lei al centro dell’ondata d’odio, roba che perfino una così ricca, così famosa, non si aspettava. Non dice niente Ferragni perché non ha niente da dire, né può dire niente, è sotto inchiesta, perché è niente lei e parla solo di lei cioè il niente. Altro che “sei come Oppenheimer”, quello che secondo Fazio ha inventato la bomba atomica, ma che bel paragone. “Tu hai 30 milioni di follower”, ma sì, ricordiamolo, ed è forse la prima balla, c’è sotto un’altra inchiesta per capire quanto sia gonfiato il parco gonzi, quanti milioni, il che sostanzierebbe una truffa nella truffa, ma si vedrà, si capirà. Niente c’è da dire qui e niente si dice, salva la celebrazione dell’idolo caduto in disgrazia. Per conto del Pd? Chissà, ma probabile, qui niente accade per caso e niente sfugge ai desiderata del Politburo, del quale questo show domenicale è l’articolazione mediatica, spettacolare.

Possiamo dire che fa schifo? Non per chissà quali moralismi spiccioli, ma perché – da sinistra, la sinistra pietista e solidale, migrantista e papista, si celebra il potere dei soldi, né più né meno; e nella temperie, nell’andazzo corrente, soldi fanno politica e politica fa soldi, fa affari, fa altri soldi. E non deve finire, per cui si rilancia la mitologia stracciarola, rutilante ma squallida, dove la Avatar parla solo lei, si assolve da sola, propone una verità bislacca e farlocca sulla quale i magistrati non sembrano fare molto conto e naturalmente il Ciambellano, “per rispetto”, non fa domande. Celebra. Rimette in piedi il totem frantumato. Si ragiona, si fa per dire, esclusivamente sulle intenzioni della ex Bionda Salata.

È un processo alle intenzioni alla rovescia, una presunzione di santità più che di innocenza. Ed è grottesco che questa continui a vantarsi delle mille beneficenze che poi sono quelle che i giudici le addossano. Ma tutto si risolve, l’invito ad “essere sincera” si risolve come in un sogno, impalpabile, irreale: tu eri in buona fede, tu sei fantastica, tu sei una vittima, garantisco io che sono il Ciambellano e l’anfitrione, speriamo torniate insieme col Fedez ma io per discrezione non ti chiedo niente; la “vittima”, rassicurata, consente e acconsente: sono così fragile, così vera, così generosa, così Chiara, malgrado così ricca e famosa.

Ma sì, uno schifo. Questa non è televisione, e se la è, qualsiasi cosa sia, c’è solo da respirare di sollievo all’idea che, almeno, non va in onda sul presunto servizio pubblico a canone. “Non farò più beneficenza commerciale, meglio scollegarle”. E ti credo! Tutta qui la verità, la sincerità? Tutta qui. La celebrazione, niente altro. Instagram in tivù, il mondo di Chiara, farfarello, volatile, nel salotto militante di Fazio. Unico momento sincero, evidentemente sfuggito: “Ti sbagli: io non dico tutto di me”. Infatti, ed è sul non detto – e sul non chiesto dal Ciambellone – che gli inquirenti scavano.

Perché, non dimentichiamolo, se non vi dispiace, la signora, neosignorina, idolatrata sta lì lì sul bilico dei domiciliari. Incredibile, che il vuoto sia così pompato. Il vuoto. Cattedrali di vuoto. Chiara Ferragni è Oppenheimer: oh, Cristo! Fazio lo esaltano, ma non ci si venga a ripetere la solfa del professionista esemplare, del giornalista che sa come si fanno le interviste: quali interviste? Lui non intervista mai nessuno. Vende, pompa. Esalta, balbetta, ma tutto questo non ha minimamente a che fare con l’informazione, neppure di consumo o di cassetta. Fazio fa non domande, del tipo “Non ti eri accorta?”. “No, io no”. Ma che cazzo, ma allora ci prendete tutti per deficienti: ci stanno le mail, le ammissioni, le insofferenze dei committenti, come Balocco, “questa ci costa 1 milione per niente e non sente ragioni”, sapevano, sapevi tutto, ti contestano un sistema, uno schema Ponzi insistito, pandori, ovetti, biscotti, bambolette, e non sapevi niente? Quei bambini col cranio lucido, sono serviti a una beneficenza che non c’era, ad affari che adesso parli di “scollegare”, e non sapevi niente? Ma Fazio la vende come una Madonna infilzata e lei conferma: sono una martire, non ho mai vissuto il presente. E chi te lo ha ordinato, il medico?

Qui sia consentita, me ne scuso, una osservazione personale e se volete, convengo, sgradevole: il presente è presentarsi tra poche ore per un nuovo giro di chemio, una tac e non sapere ancora il tuo destino. Come chi scrive, ma è solo un esempio, che però non mi sento di reprimere: hai cominciato fingendo umiltà, “le tragedie della vita sono altre” e finisci accusando, esagerando nella mimesi e nella mitopoiesi di chi vive “step by step” e parla del vestito scelto per venire qui? Ma non rompere le scatole, Chiara Ferragni. A noi, che dolorosamente seguiamo per dovere e scrupolo professionale, questo spettacolo di un Ciambellano che non-intervista una non-imprenditrice, (perché imprenditore è chi crea, non chi moltiplica gli zecchini nel campo dei miracoli), provoca un irrefrenabile fastidio, che sfocia nella blasfemia, ma, soprattutto, suscita lo sconcerto, la costernazione, un senso di estraneità, di inspiegabilità, di incompatibilità verso chi viceversa se ne abbevera.

Max Del Papa, 4 marzo 2024

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