Cultura, tv e spettacoli

Sic transit gloria influencer: Chiara Ferragni è radioattiva

L’influencer posta alcuni scatti durante il suo buen retiro ma scoppia il caos in rete

C’era un irriverente, più che altro per la lingua italiana non meno che quella latina, direttore di rivista musicale oggi evaporata, come il direttore, cui piaceva di tanto in tanto motteggiare così: “Sic transit mundi”. No, guarda che si dice sic transit gloria mundi. Niente, non se ne dava per inteso: “E a me mi piace dire così, le parole sono di tutti”. Anche perché egli a tutti le scippava, un plagiatore da competizione. Nostalgie di gioventù a parte, quella locuzione dei padri, tratta a quanto pare dalla Imitatio Christi, resta terribile per la sua verità inesorabile, per quella spietata conferma della caducità delle umane cose.

Prendi Chiara Ferragni, decaduta crollata regina di Influencerland, una cresciuta nell’aura della conoscenza social, dell’infallibilità di tutto quanto sfiorasse col suo tocco placcato: acqua piovana, ciabattine cinesi, profumi, balocchi & maritozzi e valori sociali, tutto, frullato dal suo alito divino, si trasformava in oro. Poi, un giorno, succede che gli dèi si stufano della ybris dei mortali, che si credono dei loro, spostano l’ultima falange del dito mignolo, e, in uno schianto, “sic transit mundi”. Inseguita dalla rabbia, le polemiche e tre inchieste penali tre su altrettanti casi di beneficenza egoriferita, però sui crani lucidi di bambini malatissimi, Chiara prima frigna con una vestaglietta terapica, commettendo un marchiano errore di comunicazione sopra un altro errore di comunicazione; poi decide saggiamente di sparire.

Quindi, mentre tutto crolla attorno a lei, e svaniscono follower, in larga parte fittizi, e svaniscono sponsor, immagine, simpatia, poltrona in pelle umana, doppia pianta di ficus, dittafono e naif cecoslovacco alla parete, la ex maga Maghella dei miraggi ne combina un’altra: si ritrae in un buen retiro prestigioso (naturalmente: anche decaduta, noblesse oblige), il valdostano Hotel de Mascognaz, dal quale prova a sondare la popolarità che le rimane: una rotta bestiale, una Caporetto, una disfatta più estesa ancora della megalomania: come un improvviso temporale s’abbattono tali e tanti rombi di tuoni commenti inferociti, che la struttura decide di rimuovere gli scatti ferragneschi.

Altra cappella epocale. Questa, lei come tutti i colleghi della realtà che non c’è, maestri imbonitori attaccati alle loro chiappette o, in modo più osceno, a flebo di borse (proprio così: ma che gli abbiamo fatto, noi oncologici, a ste influencer, che ci pigliano tutte per il culo, ciascuna a suo modo?), questa veramente non sa in che mondo vive; e ha bisogno di un autoritratto per capirlo. E non lo capisce però. La incantatrice di serpenti, ridotta a farsi scancellare dai gestori, dagli ospiti che, con sensibilità forse non impeccabile, commentano: “Accogliamo chiunque, anche un barbone (sic), ma questo è troppo. Se non cancellavamo, potevamo pure chiudere”. Radioattiva, la hanno definita, crudelmente. Ieri era dio, e non si poteva nominarne invano il nome, i media si scannavano a leccarla, ad innalzare totem, statue di questa Kali dalle cento mani e tutte grifagne, artigliose; adesso è meglio non evocarla, ma per motivi opposti.

Imbarazzante. Squalificante. Radioattiva. Sic transit gloria mundi. Mater terribilis.
E quasi un frullo d’angoscia si insinua. Quanto poco dura la gloria, per effimera che sia. Quanto è fulminea la collera d”Iddio o chi per lui, chi troppo si esalta troppo verrà umiliato. Chiara si muoveva, appariva con la protervia di una inquilina dell’Olimpo: adesso inquina, il suo reame era di vento, il suo potere di carta. Terribile. Nessuno qui tradisce pietà per lei, del resto sarebbe difficile muoversi a compassione per una giovane milionaria cui la procura generale di Milano contesta la metodologia della truffa, una associazione a delinquere, sulla pelle dei sofferenti, che già risucchia il manager, la cerchia dei collaboratori stretti; le mail che sembrano inchiodarla alla sua avidità sono respingenti.

A difenderla si provano ormai solo gli amici che condividono la sua strana moralità del qui ed ora, prendere tutto senza retaggi, né prospettive, né scrupoli. Divinità fasulle come i prodotti che spacciano. Questi e i parassiti la sostengono ancora, i sognatori, i vorrei ma non posso che nella grottesca eterna commedia degli Equivoci non mancano mai, non possono mancare. Ma a milioni invece la rinnegano. La abbandonano, la tradiscono. “Chi, quella? Mai coperta. Sì, ero un suo seguace, ma neanche lo sapevo, i social mica sono una roba vera”. Invece sì. Invece per loro, milioni di loro, erano l’unica cosa vera, reale, come anche per la loro Master of puppets. Non lo sapevi, Chiara? Non lo sospettavi? Ma chi vende sogni di latta, ci finisce intrappolata in quella ragnatela di niente. Finisce capro espiatorio, epitome di squallore, erede di tutta la disperazione ipocrita dell’umanità. Per questo i social sono pericolosi. Perché non sono veri, però lo sono troppo. Sembra tutto non esistere, ma le conseguenze si abbattono col peso di una maledizione.

Jannik Sinner, il nuovo giovane favoloso del tennis, lo ha capito presto: “Non mi fido, è tutto come dietro un incanto, una menzogna, comunque li usano per me ma solo per lavoro”. Ecco un campione, non un coglione. Ma Sinner ha un talento sconfinato e la rabbia gioiosa per coltivarlo. Gli influencer hanno solo la disperazione della finzione, che lascia in mano manciate di alienazione. Morte mosche di credibilità. Non c’è conto in banca che possa ripagare questo. Terribile. Non lo sapevi, Chiara disattiva, Chiara Radioattiva? Non lo sapevi che sic transit gloria mundi, che di fronte alla scelta, “Volete voi libero Cristo o Barabba?”, tutti, subito: Barabba! Ma appena Barabba cade nessuno col coraggio di dire io lo conoscevo, anche io lo ho salvato?

Max Del Papa, 2 febbraio 2024