Ci aspetta la schiavitù digitale

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Un recente studio di Ericsson Research, basato sulle tendenze tra i consumatori, sostiene che nel 2025 la tecnologia digitale potrà interagire con i sensi ed entro il 2030 il pensiero potrà essere comunicato digitalmente.

Accesso al pensiero

I canonici dispositivi schierati su una tastiera verranno rottamati in favore dei comandi eseguiti attraverso il pensiero. Le attuali modalità di gestione touch screen degli smartphone ci sembreranno reperti archeologici con il joystick del pensiero a manovrare le funzioni che oggi richiedono un contributo tattile. Per i consumatori entro il 2030 la strumentazione digitale avrà accesso al pensiero, che diventerà l’architrave della nuova impalcatura tecnologica.

La ricerca della Ericsson rileva che 7 persone su 10 prevedono dispositivi auricolari capaci di tradurre fluentemente più lingue e di assumere la voce di qualcun altro. Per il 44% degli intervistati entro il 2030 sarà possibile applicare sulla bocca un dispositivo che manipoli digitalmente il sapore del cibo è così conferire ai regimi alimentari salutisti o scialbi il gusto di pietanze dalla forte sapidità. Il gusto è come una macchina del tempo che si collega ai ricordi del passato e il 44% degli utenti consultati prevede di accedere ai ricordi attraverso il gusto digitale. Anche l’olfatto e linguaggio chimico degli aromi, per 6 consumatori su 10, potrà essere manipolato, consentendo l’esperienza osmotica fra visione e fragranze e controllando la percezione che gli altri hanno del nostro odore.

Sudditi tecnologici

Per i consumatori sarà possibile palpare qualsiasi cosa con una polsiera in grado di stimolare i nervi e dare consistenza agli oggetti digitali. Metà degli intervistati immagina che la dimensione “offline” (reale) e “online” (digitale) si fondino fino a determinare la sopraffazione della realtà fisica con i display 3D olografici installati su tutti i dispositivi. Il 48% dei consumatori riconosce una condizione di schiavitù verso la tecnologia, una dipendenza che, anziché favorire la coltivazione di anticorpi per affrancarsene, vagheggia un’ancora più penetrante assuefazione alle innovazioni digitali in un’escalation in cui il vero si dissolve nell’irreale. Una sorta di versione moderna della sindrome di Stoccolma, in cui la vittima della violenza psicologica stabilisce con il suo vessatore un rapporto di sottomissione volontaria.

Metà dei consumatori è convinto che l’Internet dei sensi produrrà una fusione fra realtà fisica e digitale con il pericolo dell’indistinguibilità tra le due variabili, confidando nei servizi avanzati di fact-checking per disinnescare le nocive commistioni. Negli intervistati c’è la consapevolezza di essere “consumatori dell’era post-privacy” in cui il pervasivo guinzaglio elettronico rende tracciabile ogni movimento, non solo fisico ma anche sensoriale. Nello studio della Ericsson emerge un dato significativo sulla relazione positiva fra l’Internet dei sensi e l’ecosostenibilità. Con il lavoro e la socializzazione virtuale la circolazione si attenuerà di molto con presunti effetti positivi sulle emissioni di agenti inquinanti, ma non leggere questa prospettiva come una conquista o in una logica compensativa alle rinunce implicite dettate dalla contraffazione dell’autentico.

Libertà a rischio

Essere cittadini online che viaggiano sui binari delle fibre ottiche può rendere l’uomo alienato dal vero e immerso nella sfera di una realtà aumentata che ci rende abitanti di una gigantesca simulazione, attori non protagonisti di un set adulterato. I consumatori prevedono che sarà possibile un’immersione con tutti i sensi nel mondo digitale.

Il report della Ericsson profila un orizzonte distopico e disumanizzante perché tutto ciò che altera la verità, introducendo una dimensione illusionistica, può condurre alla compressione del libero arbitrio con la volontà soggettiva manipolata da sofisticazioni esterne. Vi immaginate un filtro da applicare alle orecchie per cui le castronerie dei vari Di Maio diventano frasi intelligenti? No, sarebbe meglio poter continuare a reagire alla verità, seppure insulsa, che interagire con una verità digitalmente modificata. Lo studio della Ericsson descrive una possibile transizione dalla società della sorveglianza alla società dell’illusione.

Una trasformazione che non migliora la qualità della vita delle persone perché autorizzare la manipolazione dei nostri sensi significa eliminare l’istinto antropico in nome della negazione dell’umano che comprende, viva Iddio, anche l’errore, la vulnerabilità e la sofferenza. Chi immagina un mondo perfetto, digitalmente congegnato, si sta consegnando alla reclusione di una socialità a-sociale. Restiamo umani!

Andrea Amata, 16 dicembre 2020

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