Politiche green

Clima, la grande bufala sulle colpe dell’uomo: non c’è prova scientifica

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La verità scientifica sull’evoluzione del clima terrestre, quella che emerge dallo studio delle carote di ghiaccio e dei sedimenti marini, è incontrovertibile. Le conclusioni ricavate dagli studiosi possono talvolta differire tra loro marginalmente, ma non nella sostanza. Quindi, a meno che non si voglia deliberatamente travisare la verità scientifica, si deve riconoscere che il clima della Terra è costantemente in fase di cambiamento, che cambiamenti anche drammatici si sono verificati più volte nel lontano e nel recente passato e che non esiste alcuna evidenza scientifica del fatto che i suddetti cambiamenti dipendano dalle attività umane. Anzi: esiste evidenza del contrario. Chi oggi vuole convincerci che il clima sta cambiando per colpa dell’uomo e delle sue emissioni di CO2 lo fa senza produrre alcuna prova scientifica. Chi sfodera periodicamente grafici “a mazza da hockey” che mostrano una temperatura costante per duemila anni schizzare improvvisamente alle stelle nell’ultimo secolo lo fa elaborando i dati sulla base di algoritmi errati.

Bufale sul clima

I fautori dell’“origine antropica a tutti i costi” si concentrano oggi nell’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU, un organismo che non è scientifico ma politico: lo si può capire facilmente dall’aggettivo “intergovernmental” e dal fatto che i membri del panel sono nominati dalla politica e non dalla comunità scientifica.

Dato il proprio mandato politico, l’IPCC ha affrontato fin dall’inizio il problema senza considerare tutte le variabili scientifiche che lo condizionano, a cominciare dall’irraggiamento solare. Sembra incredibile, ma in tutti i documenti elaborati finora dall’IPCC si dà per scontato che l’irraggiamento solare sia rimasto costante per centinaia di migliaia di anni, assunzione in netto contrasto con ogni evidenza scientifica. Del resto, l’IPCC dichiara di non fare ricerca, ma di “analizzare e valutare”, con metodi propri, i risultati delle ricerche fatte da altri, con la finalità dichiarata (e orientata) di “evidenziare i rischi associati ai cambiamenti climatici indotti dalle attività umane”.
Il fatto che i cambiamenti climatici siano “indotti dalle attività umane” non è quindi oggetto di discussione e dimostrazione, ma un assunto di base, un presupposto che motiva l’esistenza stessa dell’IPCC.

Carenze di metodo

Se istituisco un gruppo di lavoro e lo incarico di evidenziare i rischi del “cambiamento climatico di origine antropica”, se lo finanzio lautamente e se lo perpetuo nel tempo per tre decenni distribuendo incarichi di carattere diplomatico, stipendi esentasse e un’ampia visibilità internazionale, sarà ben difficile che quel gruppo di lavoro non trovi alcuna prova (reale o presunta) delle origini antropiche del cambiamento climatico. Diverso sarebbe se incaricassi quel gruppo di studiare “le origini” (e basta) del cambiamento climatico. In questo secondo caso il gruppo di lavoro potrebbe analizzare obiettivamente tutte le cause del cambiamento climatico, incluse, se ci sono, quelle antropiche.
Anche la tesi che l’IPCC, nel valutare le ricerche condotte da altri, non “condizioni” le ricerche stesse è palesemente fasulla: le “valutazioni” dell’IPCC, infatti, violano il normale processo scientifico, in quanto introducono una forzante ideologica presupponendo le origini antropiche dei fenomeni osservati, anche se chi ha svolto quelle ricerche non ha menzionato affatto (e talvolta ha escluso) l’origine antropica dei fenomeni stessi.

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Altra circostanza non abbastanza conosciuta è che le tesi dell’IPCC sono elaborate all’interno di un contesto di tipo politico, con metodi di tipo politico che giungono fino alla revisione critica su base politica delle risultanze scientifiche.

Quest’ultima prassi è comunemente adottata, ad esempio, nella redazione dei “Summary for Policymakers”, pubblicazioni di sintesi dell’IPCC-pensiero che diventano il “vangelo climatico” sul quale i politici sono chiamati ad assumere le loro decisioni. Chi partecipa ad un processo del tipo descritto, anche se in origine è uno scienziato, assume una posizione che non è più scientifica, ma politica.

Considerato tutto ciò, c’è da chiedersi perché mai le dogmatiche tesi sul clima elaborate in seno all’IPCC dell’ONU dal 1990 in poi siano riuscite ad influenzare le politiche dell’Unione Europea e dei paesi membri tanto profondamente da condizionare negativamente l’economia del continente europeo e il tenore di vita di 450 milioni di cittadini. La risposta è che dietro queste scelte devono esserci altri interessi: sono quegli interessi che, negli ultimi decenni, sono riusciti a mobilitare la politica convincendola a sposare tesi che non hanno nulla di scientifico e che anzi contraddicono la scienza.

Pensiero unico sul clima

La confutazione delle bufale sui cambiamenti climatici e sulle loro cause ha sempre prodotto reazioni scomposte in seno all’universo ambientalista che ruota intorno all’IPCC. Ma che la verità scientifica sia diventata un nemico da combattere è una novità recente. Una novità che assume aspetti inquietanti.

A prendere posizione contro quelli che definisce “negazionisti del cambiamento climatico” è il colosso americano Google, che il 7 ottobre 2021, con la “risposta n. 11221321” di Google Ads“, ha deciso di chiudere la piattaforma ai contenuti promozionali che “contraddicono il consenso scientifico consolidato sull’esistenza e le cause dei cambiamenti climatici”. Nel mirino di Google “i contenuti che fanno riferimento al cambiamento climatico come a una bufala o a una truffa, affermazioni che negano che le tendenze a lungo termine mostrino che il clima globale si sta riscaldando e affermazioni che negano che le emissioni di gas serra o le attività umane contribuiscano al cambiamento climatico”.

Su quale base scientifica è stata assunta da Google questa drastica decisione? Ma naturalmente sulle tesi (politiche e non scientifiche) dell’IPCC: “Abbiamo consultato fonti autorevoli sull’argomento delle scienze climatiche – scrive Google – inclusi gli esperti che hanno contribuito ai report di valutazione del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite”.
Dobbiamo dunque attenderci che, nel prossimo futuro, dalla piattaforma Google spariscano le opinioni scientificamente fondate per lasciare spazio al “pensiero unico” di matrice IPCC-ambientalista. Ed ecco trovato un nuovo metodo, del tutto inedito, per perpetuare le tesi dogmatiche dell’IPCC sul clima.

Reazioni

Di fronte al dogmatismo e all’atteggiamento impositivo dell’ONU-IPCC, il sistema scientifico internazionale ha cominciato a reagire in modo fermo.

Nel 2019, su iniziativa dell’ingegnere e geofisico olandese Guus Berkhout e del chimico-fisico e giornalista scientifico olandese Marcel Crok, oltre 700 scienziati hanno sottoscritto e inviato ai leader mondiali una lettera aperta di richiamo alla realtà. Più recentemente, il 2 gennaio 2023, quando i sottoscrittori del manifesto erano saliti a 1.500 circa, lo stesso Guus Berkhout ha indirizzato una lettera aperta al Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres richiamandolo all’ordine sulla necessità di abbandonare una linea dogmatica e intransigente che non tiene conto della verità scientifica e che rischia di condannare i paesi industriali ad una recessione di durata pluridecennale, che produrrebbe immani sofferenze alla popolazione mondiale, tanto ingiustificate quanto inutili al fine di stabilire un impossibile e velleitario sistema di governo del clima terrestre.

Non credo che l’Onu possa fare marcia indietro su un disegno politico avviato tre decenni fa senza perdere la faccia di fronte al mondo. Ma forse i governi dei paesi europei potrebbero cominciare a rivedere le loro posizioni.
Aspettiamo e speriamo…

Ugo Spezia, 9 gennaio 2023

3. Fine

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