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Come Draghi smaschera il teatrino della politica

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Naturalmente, Mario Draghi non è Mandrake, non è il padreterno, non è la soluzione di tutti i mali. Cos’è? È proprio l’esatto contrario del mito della fine di tutti i problemi che è sempre propalato dai demagoghi e che, non a caso, è stato alla base della politica dell’apriscatole con cui il M5S non ha aperto il Parlamento, come disse di voler fare, ma ci si è infilato e barricato dentro e con l’aiuto volenteroso del Pd ha condotto seriamente il Paese sull’orlo del baratro. L’ex presidente della Bce, dunque, non è un dio ma un uomo autorevole che, per fortuna del nostro Paese, può mettere la sua conoscenza e la sua esperienza al servizio della “situazione italiana” e mostrare che ciò che realmente conta è lavorare con serietà senza vanagloria e senza propaganda. Dopo ogni rivoluzione viene sempre il tempo della grave serietà. Persino in Italia dove la rivoluzione la si vuol fare con il permesso dei carabinieri.

Politica italiana messa a “nudo”

Tuttavia, la “soluzione Draghi” ha senz’altro qualcosa di eccezionale. L’eccezionalità consiste in questo: è come il momento dell’agnizione sulla scena teatrale. La sua apparizione costringe gli altri protagonisti della scena a mostrarsi al di là delle loro stesse intenzioni. La famosa scena della favola di Andersen in cui l’ingenuità del bambino che vede ciò che tutti vedono ma nessuno dice mentre lui, ingenuo, lo dice per tutti – il re è nudo, il re è in mutande – è la nuda e cruda cronaca della politica italiana del cui palcoscenico fanno parte anche i molti giornalisti di regime. Nel momento in cui il presidente Mattarella nomina Draghi e gli conferisce l’incarico, ecco, in quello stesso momento i soggetti che hanno tenuto la scena fino all’ultimo senza rossore diventano grotteschi e ridicoli.

Cos’è il grottesco? È una stonatura, una smorfia, una dissonanza tra ciò che si dice e ciò che si è. Cos’è il ridicolo? Lo scarto tra ciò che si è e ciò che si dice di voler fare e non si può: l’impossibile. Quanti sono i giornalisti, gli intellettuali, i professori, i sociologhi che fino a ieri sostenevano Giuseppe Conte e ti spiegavano che il Conte Ter era l’unica soluzione, mentre oggi ti spiegano che Renzi ha fatto un capolavoro? Molti, ma tutti possono sbagliare. L’importante è riconoscere gli errori, non camuffarli: ma pochi ne sono capaci. E quanti sono coloro che ancora dicono che Renzi è inaffidabile e un omicida politico (sì, ho sentito e letto anche questo) ma ora c’è Draghi e la sinistra deve essere unita per continuare il buon lavoro di Conte? Molti, ma costoro, a differenza di quelli sopra, non sbagliano: sono ridicoli proprio perché dicono l’impossibile. E dal ridicolo, che è una forma di parodia involontaria, una sorta di maschera goldoniana, non ci si emenda.

Quelli che non vogliono Salvini

E ancora. È proprio grottesco e ridicolo insieme l’atteggiamento di chi auspica il governo Draghi come esecutivo di unità nazionale ma vuole cacciare l’avversario politico, Matteo Salvini e la Lega, come se non fosse parte della nazione e fosse un nemico da annientare. È la famosa inclusione che esclude, come se l’Italia fosse cosa loro.  E allo stesso modo è imbarazzante l’atteggiamento di chi vuole il governo Draghi come esecutivo politico per rivendicare l’appartenenza di Draghi alla propria parte politica, mentre il governo Draghi nasce proprio sulle macerie nazionali del precedente governo. Costoro – tanto per citare il Platone della tradizione della oralità dialettica allo stesso modo in cui Grillo ha citato il Platone delle dottrine non scritte o scritte su Facebook – somigliano a quel tale che con gli amici parlava male del cornuto e si divertiva alle sue spalle fingendo di non sapere che il cornuto era lui.

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