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Coronavirus, le 4 proposte economiche anti-crisi

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L’emergenza Coronavirus ci ha colto tutti di sorpresa e continua a farci procedere a tentoni (quelli che ostentano certezze sono solo più stolti degli altri). Ciò che purtroppo è più che sicuro è quanto l’epidemia sta provocando nel nostro sistema economico: prima nelle zone del nord e poi, progressivamente, nel resto d’Italia, si sono verificati una serie di effetti a catena che stanno mettendo in ginocchio il nostro Paese.

Che fare, in una situazione così grave e imprevista? Anche qui, nessuna certezza, ma qualche convinzione sì. L’Italia soffriva già, ben prima dell’emergenza Covid-19, di una crescita asfittica e di una perdurante difficoltà di reggere il passo almeno dei maggiori Paesi europei. Nell’immobiliare, poi, la situazione era da molto tempo particolarmente grave. I prezzi delle case – e quindi i risparmi di un’infinità di famiglie – sono in caduta libera da quasi dieci anni. L’edilizia è in crisi nonostante il tentativo di rianimarla attraverso un sistema di incentivi agli interventi sugli immobili senza precedenti. Il numero di locali commerciali sfitti è in continua crescita (Confcommercio ha parlato di 70.000 negozi chiusi negli ultimi dieci anni). Le attività di sviluppo immobiliare sono da sempre concentrate esclusivamente su Milano e su pochissime altre realtà.

In questo quadro, già prima dell’epidemia risultava difficile far ripartire il settore in presenza dei vincoli regolatori e fiscali che lo mortificano. Ora, a maggior ragione, occorre liberare il comparto immobiliare da queste catene e lasciarlo libero di svolgere il ruolo che ha sempre svolto quando glielo si è consentito: quello di ineguagliabile motore di sviluppo dell’intera economia. Il Governo si appresta a varare – dopo i primi interventi di emergenza – alcune misure finalizzate a dare ossigeno alla nostra economia. Confedilizia ha avanzato alcune proposte.

1.Ridurre l’Imu

I 22 miliardi di euro l’anno di patrimoniale sugli immobili sono un macigno che determina conseguenze negative sui valori (in continua discesa), sui consumi (in costante contrazione, a causa del cosiddetto “effetto ricchezza”) e su tutta l’economia (chiusura di imprese, perdita di posti di lavoro ecc.). Occorre dare – particolarmente in questa fase di grande difficoltà – un segnale di riduzione, che si tradurrebbe automaticamente in un segnale di fiducia. Lo si può fare attraverso una diminuzione dei “moltiplicatori Monti” (quello delle abitazioni, ad esempio, passò nel 2012 da 100 a 160) o mediante la possibilità di dedurre l’Imu anche dall’Irpef.

2.Estendere la flat tax dell’immobiliare

Con la manovra per il 2019 è stato avviato un sistema di tassazione sostitutiva dei redditi da locazione di immobili ad uso diverso dall’abitativo, attraverso l’introduzione di una cedolare secca – che nel comparto abitativo sta funzionando a dovere dal 2011 – per i contratti stipulati nel 2019 aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1 (i negozi, in sostanza), di superficie fino a 600 metri quadrati. Al minimo, per rianimare un settore già in crisi prima di questa emergenza, occorrerebbe rinnovare quella misura. Un intervento, auspicabilmente, più incisivo dovrebbe però riguardare tutti gli affitti non abitativi.

Nel pacchetto di proposte presentate unitariamente dal Centrodestra, la reintroduzione della cedolare c’è, con estensione agli uffici. Il Governo farebbe bene ad accoglierla, anche per essere coerente con sé stesso, visto che sia il Ministro Gualtieri sia il Viceministro Misiani hanno ripetutamente dichiarato il proprio favore nei confronti di questa misura.

3.Semplificare gli affitti commerciali

I contratti di locazione di immobili ad uso diverso dall’abitativo sono regolati ancora da una legge di oltre quarant’anni fa (la n. 392 del 1978, cosiddetta “legge sull’equo canone”), che impone alle parti vincoli non solo sulla durata dei contratti, obbligatoriamente prevista in 12 o 18 anni, ma anche su altri aspetti del rapporto fra proprietario e inquilino.

È necessario rimuovere queste limitazioni fuori dal tempo, per favorire l’avvio di nuove attività economiche. Nel 2020, è impensabile continuare a ingessare un settore che andrebbe invece lasciato libero di adeguarsi ai continui mutamenti di esigenze degli operatori.

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