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Cosa insegna l’arresto del grillino De Vito

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L’arresto di Marcello De Vito, capogruppo del Movimento Cinque Stelle al comune di Roma e presidente del consiglio comunale accusato di corruzione per aver ricevuto laute elargizioni da alcuni costruttori per la costruzione del nuovo stadio della Roma, è la nemesi della politica italiana.

Si dice che a voler essere i più onesti si trova sempre qualcuno più onesto di te ma in questa vicenda siamo ben oltre. Stiamo assistendo al crollo del Movimento Cinque Stelle che, come un edificio costruito senza fondamenta e cresciuto d’improvviso a dismisura, si sgretola con una rapidità disarmante ma prevedibile. Nato come movimento di protesta e anti-establishment, il M5S ha fatto propri i caratteri peggiori della classe dirigente italiana che fino a poco tempo fa demonizzava palesando il cortocircuito di un progetto politico creato per stare all’opposizione e incapace di confrontarsi con le complesse sfide e responsabilità che richiede governare, soprattutto in una città complessa come Roma.

Partendo da battaglie giuste come la lotta alla corruzione e la necessità di trasparenza nella pubblica amministrazione, ne ha fatto delle esigenze dogmatiche da applicare in modo indiscriminato e senza buon senso.

In questi anni abbiamo assistito a una pericolosa deriva forcaiola e giacobina per cui un politico, un imprenditore, un semplice cittadino, anche se solo indagato, veniva immediatamente giudicato colpevole da un tribunale mediatico e popolare feroce e spregiudicato che contraddiceva secoli di battaglie per la libertà, Poco importava se a posteriori l’indagato veniva assolto, la macchina del fango era partita e fermarla non era più possibile.

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