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Covid, le 2 prove che scagionano la scuola - Seconda parte

Uso politico della riapertura

Non solo: nelle parole pronunciate venerdì da Draghi prevale un uso politico della riapertura delle scuole, che condizionerà l’apertura delle altre attività del Paese. Il messaggio dell’esecutivo è chiaro: volete le scuole aperte? Bene, lo faremo soltanto fino alla prima media (come già era “concesso” prima del Dpcm del 2 marzo) e in cambio aboliremo le zone gialle, quelle che consentivano a bar e ristoranti di aprire almeno fino alle 18. Poco importa che il premier abbia ammesso chiaramente che “ciò che è fonte di contagio è tutto il resto che avviene intorno alla scuola, in primis il trasporto”: su quel trasporto il governo non ha messo strutturalmente mano in questi dodici lunghi mesi di pandemia, lasciando sulla pelle degli otto milioni di studenti italiani il peso (in termini didattici ma anche psicologici e sociali) della gestione dell’emergenza sanitaria.

La protesta nella società italiana però si fa sempre più forte: genitori e insegnanti di tutta Italia, riuniti sotto l’associazione “Rete Nazionale Scuola in Presenza” che la scorsa domenica ha portato in piazza migliaia di persone in tutte le città italiane, stanno organizzando manifestazioni e azioni giuridiche e contestualmente cercando di intavolare un dialogo con le istituzioni regionali e nazionali. Si parla di appelli alla Corte Costituzionale e al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La scuola italiana sta per essere smantellata se si continua così, cioè rendendo la Dad strutturale, e ci saranno sacche di discriminazione enormi a livello territoriale, ma anche rispetto agli studenti degli altri Paesi” – dice l’avvocato Giuseppe Delle Vergini, uno dei responsabili nazionali della Rete che ha collaborato indirettamente a uno dei ricorsi al Tar. “È la fine della scuola e del senso stesso del sapere, come lo abbiamo inteso per duemila anni: l’obiettivo è di istituzionalizzare una società di “operai digitali” con competenze tecniche specifiche, ma senza quel sapere umanistico e giuridico che ha caratterizzato la società italiana per millenni. Con questa scuola i nostri figli sono condannati ad essere sempre più subalterni”.

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